“The Dinner”, un film di Oren Moverman, la recensione

The Dinner (id, Usa, 2017) di Oren Moverman con Richard Gere, Laura Linney, Steve Coogan, Rebecca Hall, Chloë Sevigny, Charley Plummer

Sceneggiatura di Oren Moverman dal romanzo “La cena” di Herman Koch (ed. Neri Pozza, coll. Bloom)

Drammatico, 2h, Videa, in uscita il 18 maggio 2017

Voto: 4 su 10

Non è la prima volta che il best seller “La cena” (2009), dell’olandese Herman Koch, viene trasposto per il grande schermo: la prima in patria col da noi inedito Het Diner, la seconda in Italia col titolo I nostri ragazzi, un film imperfetto e poco compreso, diretto da Ivano De Matteo e interpretato da Alessandro Gassman, Giovanna Mezzogiorno, Luigi Lo Cascio e Barbara Bobulova. Stavolta è il regista americano di origini israeliane Oren Moverman a confrontarsi con un testo estremamente complesso ed emblematico dei nostri tempi, dolorosamente capace di porre dilemmi morali difficili da risolvere.

53639La scena è in un ristorante di gran lusso, dove il candidato governatore Stan Lohman (Gere), con la sua giovane moglie Katelyn (Hall), invita a cena suo fratello minore Paul (Coogan), un professore di filosofia sposato con Claire (Linney). Quella che dovrebbe essere una normale riunione famigliare, benché mal vista da alcuni dei commensali, si rivela nei fatti essere l’incontro forzato per discutere di un brutale crimine commesso dai rispettivi figli. Qual è la cosa giusta da fare, insabbiare la verità o agire secondo giustizia? Portata dopo portata, verrà fuori il vero volto dei quattro protagonisti.

Il film, così come il romanzo, pone al centro dell’attenzione una domanda durissima: fino a che punto ci si può spingere per proteggere un figlio che ha commesso un reato? Purtroppo Moverman, per identificare la storia al contesto, appesantisce una narrazione di per sé ostica con una serie di flashback ora gratuiti, ora didascalici e pedanti, perdendo per strada ogni interesse per la materia affrontata. Tra siparietti posticci sulla battaglia di Gettysburg e vane memorie di insoddisfazioni e frustrazioni famigliari, quel che resta è un fiume di parole innaffiate di bile, con inutile spreco di bravura da parte dei quattro interpreti e grande sfoggio di pretenziosità registica. Mai come in questo caso l’epiteto “indigesto” per questa cena ci sembra funzionale.

Giuseppe D’Errico

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