Home Video. “Sharon Tate – Tra incubo e realtà”, un film di Daniel Farrands, la recensione

Sharon Tate – Tra incubo e realtà (The Haunting of Sharon Tate, Usa, 2019) di Daniel Farrands con  Hilary Duff, Jonathan Bennett, Lydia Hearst, Pawel Szajda, Ryan Cargill

Sceneggiatura di Daniel Farrands

Thriller, 1h 30’, Koch Media, distribuito in home video dal 9 agosto 2019

Sull’onda del clamore suscitato dall’ultimo film di Quentin Tarantino C’era una volta a… Hollywood, e approfittando della ricorrenza del 50° anniversario dalla famigerata strage di Cielo Drive, arriva direttamente per il mercato home video Sharon Tate – Tra incubo e realtà, scritto e diretto da Daniel Ferrands, documentarista specializzato in studi sul cinema horror, e interpretato dall’ex reginetta Disney Hilary Duff, nei panni della sfortunata moglie di Roman Polanski che, incinta di otto mesi, venne barbaramente assassinata insieme a quattro suoi amici nella notte tra l’8 e il 9 agosto del 1969 da alcuni membri della Manson Family.

Il film ha delle ambizioni: partendo dal noto fatto di cronaca, Ferrands imbastisce una sorta di delirio paranormale della protagonista, afflitta da visioni e incubi notturni in cui è al centro di una sanguinosa strage. Così facendo, il regista reinventa la realtà dei fatti secondo i canoni di un thriller pur risaputo ma che prova a concedere una seconda possibilità alle vittime del noto massacro.

L’idea è discutibile, ma non (solo) per una questione di cinismo artistico: l’aver distorto una tragedia che, ancora oggi, non smette di lasciare sconvolti per brutalità e ripercussioni sociali e culturali, alle necessità di un bizzarro vaneggiamento paranormale a tinte horror, è una scelta di per sé spiacevole. In caso si riuscisse a passare sopra la sensazione di un’operazione biecamente speculativa, si assisterebbe ad un home invasion che assicura qualche volenteroso momento di tensione. Meglio prendere così questo Sharon Tate – Tra incubo e realtà, come una curiosità per cultori, e lasciare al bellissimo film di Tarantino riflessioni più profonde.

Giuseppe D’Errico

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