Archivio. “Matrimonio all’italiana”, un film di Vittorio De Sica, la recensione

Matrimonio all’italiana (id, Italia/Francia, 1964) di Vittorio De Sica con Sophia Loren, Marcello Mastroianni, Tecla Scarano, Aldo Puglisi, Marilù Tolo, Enzo Aita, Gianni Ridolfi, Generoso Cortini, Vito Moricone

Sceneggiatura di Renato Castellani, Tonino Guerra, Leonardo Benvenuti, Piero De Bernardi dalla commedia teatrale “Filumena Marturano” di Eduardo De Filippo

Commedia, 1h 41, Surf Film

Voto: 8½ su 10

È certamente la versione più celebre di un capolavoro assoluto del teatro italiano, Filumena Marturano di Eduardo De Filippo, dopo una prima riduzione cinematografica (del 1951) firmata dallo stesso autore e interpretata da sua sorella Titina, per la quale il ruolo principale era stato pensato e scritto. Sul palco, alcune tra le più grandi attrici teatrali hanno avuto modo di misurarsi col personaggio di Filumena, ma è senza dubbio all’immagine di Sophia Loren e al film di Vittorio De Sica che la parte è indissolubilmente legata.

Matrimonio all’italiana, ormai un classico del nostro cinema a tutti gli effetti, è un’abilissima operazione commerciale che si deve all’infallibile esperienza del produttore Carlo Ponti: reduce dal successo di Ieri, oggi, domani (che verrà premiato con l’Oscar al miglior film straniero nel 1965), decide di riunire regista e interpreti nella riproposta della più amata delle sceneggiate napoletane. Ne viene fuori un’opera forse più furba che realmente ispirata, ma che a distanza di tanti anni non smette di tenere incollato il pubblico allo schermo anche all’ennesima visione.

De Filippo non apprezzò questa riduzione, e se ne possono ben capire i motivi: la drammaturgia densa e profondamente psicologica del copione teatrale cede il passo a una sceneggiatura più semplicistica e indubbiamente schematica, giocata su di una facile alternanza di flashback e tutta mirata ad accentuare la componente sentimentale del racconto. Si può ben notare un prima e un dopo “l’inganno” di Filumena ai danni di Domenico, con squilibri di tono e intenzioni, dando adito all’impressione che troppe mani importanti in sede di scrittura abbiano avuto qualche tensione da gestire, nonostante il livello emotivo della storia resti sempre altissimo e la riflessione vada sempre a braccetto con la commozione.

La ragione del successo imperituro del film, però, è rintracciabile decisamente nell’alchimia tra De Sica e i suoi attori, in una parola, prodigiosa. Inutile ribadire quanto il grande regista fosse in grado di guidare i suoi interpreti verso prove recitative eccezionali, si pensi ai non professionisti che illuminavano i suoi capolavori indiscussi, Miracolo a Milano, Ladri di biciclette e Umberto D. . Sophia Loren sa bene di dovere tutta la sua carriera a Vittorio De Sica, colui che la condusse all’Oscar per La ciociara (era la prima volta che un attore veniva premiato per una recitazione non in lingua inglese) e che seppe modulare alla perfezione ogni sfumatura della caratteristica “popolana” dell’attrice. Nei panni di Filumena, la Loren offrì un’interpretazione indimenticabile, contrappuntata da tante piccole e geniali sottigliezze (la cadenza ridicolmente altolocata che sfoggia rivolgendosi per la prima volta alla donna di servizio, lo sguardo torvo e spietato con cui inchioda Domenico prima del fatidico “sì”, la veemenza con cui interagisce con oggetti e arredi nella famosa scena madre in cucina, la commovente tenerezza con cui si specchia sconfitta in una vetrina) che si completavano in un carisma e in una presenza scenica semplicemente senza eguali. Dal canto suo, Marcello Mastroianni, seppur non credibilissimo nell’accento napoletano, tratteggia un Domenico Soriano irresistibile, anche lui guidato mirabilmente dal regista verso una recitazione dapprima sprezzante e poi sempre più indifesa. Con la Loren, neanche a dirlo, l’affiatamento è proverbiale. Meritano di essere citati anche due splendidi caratteristi come Tecla Scarano e Aldo Puglisi, presenze inestimabili per colore e calore.

Al di là di qualunque limite artistico, Matrimonio all’italiana resta un caposaldo del cinema italiano, avvolto dalle struggenti musiche di Armando Travajoli e dalla fotografia di Roberto Gerardi. Impossibile non lasciarsi coinvolgere da questo dramma della vita e degli affetti, da attori così bravi e da un senso dello spettacolo oggi rarissimo da (ri)trovare.

Giuseppe D’Errico

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