Category Archives: Interviste

“Tra Bette e Joan un disperato odio e tanta solitudine”, incontro con Riccardo Castagnari e Gianni De Feo

Il 22 ottobre, all’Off/Off Theatre di Roma, debutterà una prima nazionale che ha il sapore dell’evento, Che fine hanno fatto Bette Davis e Joan Crawford?, pièce dell’autore francese Jean Marboeuf che arriva sul palco con la regia di Fabrizio Bancale, dopo anni di studi e riflessioni da parte dei due attori protagonisti, Riccardo Castagnari e Gianni De Feo, coinvolti in una delicata prova en travesti. Il testo ripercorre in modo brillante l’ormai storica faida artistica, che ebbe poi importanti ripercussioni sul privato, delle due indimenticabili dive americane, all’alba del set che le riunì per la prima volta sul grande schermo per il cult movie di Robert Aldrich Che fine ha fatto Baby Jane?, nel 1962. Abbiamo incontrato i due artisti.

Castagnari, pur conoscendoci noi da tempo, per questa intervista a due voci adotteremo la cortese formalità del “lei”, sia per rispetto al signor De Feo, che incontro per la prima volta, sia per creare un elegante e ossequioso distacco che è doveroso riservare ai due mostri sacri al centro della vostra nuova avventura divistica. Come ci si prepara a un simile compito? 

Castagnari: Sono partito naturalmente da Che fine ha fatto Baby Jane? e poi mi sono visto tutti i film della Crawford, dando una precedenza e una preferenza a quelli doppiati dalla Simoneschi (perché alla Lattanzi mi ero già ispirato per la Dietrich e, guarda caso, Tina Lattanzi e Lydia Simoneschi hanno proprio doppiato entrambe). Temevo una somiglianza tra le due, invece studiandole entrambe (Dietrich e Crawford) mi sono reso conto che sono profondamente diverse: camminata, atteggiamenti, sguardi, alterigia… sicuramente carattere forte per entrambe ma con più di qualche semplice sfumatura di differenza. Spero perciò di riuscire a rendere giustizia anche a Joan e non rischiare un doppione.

De Feo: La preparazione di uno spettacolo richiede comunque una lunga dedizione di tempo durante il quale ci si concentra su vari elementi. Prima di tutto, un attento e minuzioso lavoro sul testo, l’analisi dei personaggi e la loro relazione. Nel caso specifico, in cui affrontiamo delle Icone del cinema, abbiamo cercato di mantenere un rigore tale da scongiurare una goffa imitazione o, peggio ancora, la tentazione di una facile parodia. Abbiamo studiato ogni gesto, ogni sguardo, visto film, immagini, interviste. Ma la fase più interessante è senza alcun dubbio il momento in cui senti di vestire i panni del personaggio, cercando continuamente un equilibrio (a volte precario) tra il distacco e l’abbandono. È il momento in cui metti in relazione il personaggio al tuo personale stile, alle proprie “tendenze attoriali”, al gusto e all’esperienza teatrale.

ATTRAVERSAMENTI MULTIPLI: intervista agli organizzatori Alessandra Ferraro e Pako Graziani di Margine Operativo

In vista dell’imminente apertura del festival crossdisciplinare Attraversamenti Multipli, abbiamo intervistato gli organizzatori Alessandra Ferraro e Pako Graziani, per farci raccontare cosa c’è dietro il progetto, e anche qualcosa in più.

Il concetto su cui si basa l’edizione di quest’anno è quello di “attraversare i confini”. Come è nato il soggetto grafico del poster? Quale significato si vuole comunicare? L’astronauta resta sul pianeta appena scoperto mentre la navicella spaziale riparte. Abbracciare mondi diversi dal nostro, significa abbandonare le proprie origini?

La parola d’ordine / slogan / tema  intorno a cui ruota questa edizione di Attraversamenti Multipli  è “sconfinamenti”. Dove lo SCONFINARE è un processo costituente di incontro e di confronto, grazie al quale le diversità si possano relativizzare e possano avere origine nuovi percorsi. Partendo da questo concetto di “sconfinare”, che presuppone anche l’esplorazione di nuovi territori, abbiamo deciso di lavorare su un’immagine guida del festival che riuscisse a “racchiudere” e raccontare questa tensione verso il superamento dei confini e l’esplorazione di nuovi territori. E da qui abbiamo deciso di lavorare su un’immagine “spaziale”, che giochi – attraverso un fotomontaggio – con vari elementi riconoscibili dell’iconografia del viaggio nello spazio, come l’astronauta, la navicella spaziale, i pianeti… e poi abbiamo innestato su questi fotomontaggi un cartello stradale “terreste” con su scritto “sconfinamenti”. Amiamo molto i fotomontaggi e il ricombinare immagini / immaginari preesistenti. È un modo anche un po’ pop di porre un tema complesso come quello del superare i confini. Per noi attraversare e incontrare mondi diversi significa ampliare i propri orizzonti e accumulare esperienze, e quando si esplora o si sconfina, ognuno può scegliere liberamente se abbandonare alle spalle il proprio passato, le proprie origini o se creare interazioni tra le culture e tra diversi mondi.

“JAZZiN’ LINEA”, intervista a Susanna Stivali e Luca Mannutza

Eccoci al focus sulla prima edizione di “JAZZiN’ LINEA”, rassegna di musica curata da Susanna Stivali e realizzata nello spazio del ristorante LINEA situato all’interno del complesso del Museo di Arte Contemporanea MAXXI di Roma.
Abbiamo assistito al bellissimo concerto del 4tet capitanato da Luca Mannutza e dedicato al genio di Wayne Shorter, progetto intitolato “Uneven Shorter” che vede insieme al pianista anche Lorenzo Tucci alla batteria, Daniele Sorrentino al contrabbasso e Paolo Recchia al sax contralto.

Una gentile Susanna Stivali ci accoglie al termine del concerto, così le rivolgiamo qualche domanda sulla rassegna.

Susanna, tu sei la direttrice artistica di JAZZIN’ LINEA. Perché nasce questa rassegna e quali esigenze si prefigge di soddisfare?

“L’esigenza era quella di avere un altro spazio a Roma in cui proporre concerti Jazz di un certo livello. È un momento particolare questo che viviamo a Roma in cui diversi Jazz Club storici hanno cessato l’attività e quindi era richiesta una presenza ulteriore nello spazio romano per fruire di queste proposte di alto livello culturale e musicale. L’esigenza era, dunque, quella di ascoltare musica, portare la gente in uno spazio importante come il MAXXI di cui LINEA fa parte, quindi in un certo senso il jazz che si coniuga con l’espressione artistica propria del museo d’arte contemporanea.

“Lovers”, un film di Matteo Vicino, incontro con il regista e il cast

Una città, Bologna. Quattro storie. Quattro attori impegnati di volta in volta in altrettanti ruoli differenti. È Lovers, il terzo film da regista di Matteo Vicino, dopo Young Europe e l’infelice esperienza di Outing – Fidanzati per sbaglio, che arriva nelle nostre sale il 5 aprile dopo aver raccolto consensi in vari festival internazionali ed essersi scontrato con le difficoltà produttive e distributive dei circuiti italiani. Il film è prodotto da Showbiz Movies e co-prodotto da Stefano Pucci, AD di Condiriso. con il supporto dell’Emilia Romagna Film Commission. In occasione dell’anteprim romana del film, supportata dal marchio Tiffany & Co. e dalla rivista Grazia, abbiamo incontrato Matteo Vicino, che ha anche scritto e montato il film, e il cast al completo.

Il ponte interculturale, incontro con Enrico Olivanti

Enrico Olivanti è un giovane musicista italiano che vive e lavora in Germania. In realtà la sua vita è un ponte tra il Roma e Dresda, che percorre assiduamente da ben due anni nel lungo e difficile percorso che sceglie un artista.
Approfittiamo del concerto che terrà con il suo quintetto per fare una chiacchierata su questo momento storico personale e professionale. Tanti e delicati i temi trattati.

Enrico, ascoltare la musica e farla… due approcci differenti. Il limes quando è stato varcato da te e per assecondare quali ragioni o esigenze? 

Beh direi che se con il “varcare il limes” intendi l’inizio del mio rapporto con uno strumento musicale il tutto iniziò a 12 anni, quando a Natale ricevetti la mia prima Chitarra Classica.
Fu un Amore prima vista che però fu preceduto da un innamoramento figlio dell’ascolto: infatti circa due anni prima, per la mia Prima Comunione ricevetti per regalo un “walkman” e mi immersi da subito nell’ascolto di un paio di musicassette che erano a casa, nelle quali spiccavano dei suoni di Chitarra…
Pur conquistato da questi suoni e forse già consapevole della grande svolta che avrebbero dato alla mia Vita, dissi a me stesso che mi sarei concesso ancora un paio di anni di “pallone” come tutti gli altri bambini e poi avrei dedicato una parte sempre crescente delle mie energie a questa passione ancora in pectore ma già così promettente.
Ragioni ed esigenze specifiche non le sapevo e non le saprei ancora oggi individuare con precisione, se non in quel misterioso senso di completezza, soddisfazione fisico-spirituale e di contatto intimo con la manifestazione della Bellezza che mi procura il vivere la Musica sotto ogni suo aspetto. 

“Ricordo Chet Baker insonne che suonava il piano nella hall”: incontro con Fulvio Tomaino

Fulvio Tomaino è considerato uno dei migliori cantanti di Black Music in Europa. Dopo aver raccolto numerosi riconoscinenti in tutta la sua carriera, torna in scena il 15 febbraio 2018 in un concerto evento all’Auditorium PDM di Roma. Nel 2017 fonda la “Fulvio Tomaino Band” che ripropone i classici della black music dando vita ad uno show unico grazie alla sua formazione costituita da eccellenti musicisti. Lo abbiamo incontrato a Roma nel suo quartier generale a San Giovanni e ci ha concesso questa intervista esclusiva.

Fulvio, nel panorama musicale romano ed italiano, sei una voce molto originale che spazia dal blues fino all’ r’&’b, il funky… Ci racconti degli esordi?

Comincio a cantare all’età di 16 anni ed il mio interesse di rivolge da subito soprattutto per la black music. A 18 anni inizio gli studi di musica quando realizzo che la mia attività si svolgerà nel mondo della musica, nonostante provenga da una famiglia di albergatori noti a Roma. Mio padre aveva un albergo in via Giulia in un palazzo meravoglioso seicentesco. Ricordo da ragazzo che un Chet Baker insonne suonava il piano di notte nella hall. 

Incontro con Ramona Gargano, fotografie di un’attrice sempre “in viaggio”

Ramona Gargano è una brava e bella attrice emergente. Viene dalla Calabria, terra aspra quanto generosa, e si sta facendo apprezzare, da qualche anno ormai, sui palcoscenici di tutta Italia. Minuta, bruna, sorridente, dotata di uno sguardo sempre attento, curioso e vivace, ci accoglie al termine di una replica dei vari spettacoli che la vedono protagonista nel suo tour teatrale, commentando insieme a noi alcuni scatti della sua vita artistica e professionale.

Ramona, dalla Calabria a Roma è stato il primo passo verso il teatro vissuto come professione. Ci racconti gli esordi e quando hai capito che questa sarebbe stata la tua strada?

Avevo 15 anni. Terzo liceo. La mia migliore amica frequentava il corso di teatro già da un anno e mi invitò a partecipare. Avevo il terrore di inserirmi in un gruppo già consolidato, avevo il terrore di salire su di un palcoscenico, da sola, davanti a tutti. Mi fecero salire sul palco per presentarmi, scaricai l’ansia torturandomi il lobo dell’ orecchio e riuscii a dire giusto tre parole. Poi mi assegnarono il primo personaggio, un piccolo ruolo nell’ “Antigone” di Sofocle. Alla fine di quell’anno ci fu il saggio. Salii sul palcoscenico del teatro comunale della mia città (Teatro Rendano, Cosenza) e davanti a me c’erano 1200 persone. Presi fiato e dissi la prima battuta. Avevo il cuore a mille. Non avevo mai provato una roba così forte. Quella scarica di adrenalina me la ricordo ancora. Da lì continuai il corso fino al diploma, mi furono assegnati ruoli “più importanti” e quel laboratorio di teatro divenne fondamentale per la mia vita, non riuscivo a farne a meno, veniva prima di tutto. Poi mi iscrissi all’università, ma dentro di me qualcosa mi diceva che dovevo fare un “salto” e che dovevo seguire quella strada, la mia. Nel 2010, presi la decisone di trasferirmi a Roma per studiare recitazione in accademia. Così feci, e con testa dura e sacrifici, dopo otto anni, posso dire di aver raggiunto già dei meravigliosi traguardi.

“Dagli abiti della Dietrich, entro in quelli di una sconosciuta drag queen”, incontro con Riccardo Castagnari

Era il 2001 quando Riccardo Castagnari stregò tutti con la sua Marlene D.. Sono passati quasi 18 anni da quella memorabile interpretazione, che tanti consensi raccolse anche fuori dal territorio nazionale. Dai sontuosi abiti della Dietrich adesso Castagnari si allontana, speriamo, momentaneamente per evocare un’altra storia. Stiamo parlando di DI-VI-NA, per Vocazione Star, il nuovo spettacolo con cui il talentuoso attore e regista debutterà in prima nazionale nel neonato spazio OFF/OFF Theatre di Roma il 30 Gennaio, restando in scena fino al 4 febbraio. Lo abbiamo incontrato.

Ormai ci siamo quasi per questo nuovo debutto. Castagnari, lei sente
sempre la tensione di una prima nazionale, nonostante i successi
ottenuti anche all’estero?

Sì, naturalmente sì. Tensione e paura, affiancate. È sempre e comunque un salto nel vuoto quello che si fa. Quando da ragazzino frequentavo l’Accademia milanese del Filodrammatici, ebbi la fortuna di incontrare e conoscere Milly. Una delle domande che le rivolsi fu proprio questa: “Signora, dopo tanti anni di successo e di carriera lei ha ancora paura prima di entrare in scena?” Lei mi guardò da sotto in su, attraverso i suoi occhialetti da vista, e mi disse: “Sempre! Quando finisce la paura, lì comincia il tecnico e finisce l’artista!” Fu una frase che mi colpì molto e che si scolpì nella mia mente a caratteri di fuoco. Da allora mi accompagna sempre, ad ogni debutto, ma anche ad ogni replica. A Parigi ad esempio, quando con Andrea Calvani, il maestro che da sempre mi accompagna al pianoforte, eravamo in scena aspettando che si aprisse il sipario, sentivamo che il brusio in sala era differente… era francese(!). Da lì a poco il sipario si sarebbe aperto e Marlene (io) avrebbe parlato a quel pubblico d’oltralpe per oltre un’ora e mezza in una lingua non sua! Il terrore correva davvero sul filo, e Milly, per tutti quegli splendidi tre mesi parigini,è stata sempre con noi, presente con quella sua frase, regalata molti anni prima ad un ragazzino che sognava di fare l’attore.

“O ballano tutti o non balla nessuno” – incontro con Maurizio Gallo, in arte Pugni in tasca

In occasione dell’uscita del suo ultimo lavoro “O ballano tutti o non balla nessuno”, abbiamo incontrato il rapper romano MAURIZIO GALLO. Ecco cosa ha risposto alle nostre domande. Un viaggio metropolitano tra musica, identità, cultura, sentimenti e coscienza. Le rivendicazioni di un rapper dal cuore calmo ed incazzato.

CM:
_Maurizio Gallo, in arte PUGNI IN TASCA.
Roma, fermata Cinecittà. 
Quanto è difficile trovare spazio per un rapper come te in una grande città e quanto, invece, aiuta una periferia come il tuscolano?

MG:
“C’è un dato che dice che se il mio quartiere fosse una città, sarebbe la nona città italiana per popolazione. Siamo più di 200 mila. Alcune vie del mio quartiere per densità sono le più abitate del mondo. E’ attraversato da 8 fermate della metropolitana, 2 aereoporti, più di 20 centri commerciali. Ma c’è solo un parco e zero ospedali, zero musei! Il tuscolano non mi fa vivere il dramma di alcune periferie che ti fanno stare tutta la vita in 3 strade, e finisce che anche se sei di Roma o Milano diventi più provinciale di chi vive in provincia, perché non esci mai da lì. Ma se mi offri tanti servizi, di cui metà sono sale slot e l’altra posti in cui per socializzare devo alcolizzarmi, me stai a fregà.”

Pittrice, regista e attrice. Le impressioni su “Mothers’ Colors” a pochi giorni dal debutto

Il Rave d’arte romano che vedrà coinvolti la pittrice Solveig Cogliani e gli Esoscheletri di Sasà Neri è sempre più vicino. Questa domenica – 23 febbraio – al Nur Bar, noto locale nel centro storico della città eterna, avrà luogo una performance che durerà quattordici ore, durante le quali i 23 artisti dell’Esostheatre reciteranno ad oltranza una miscellanea di brani tratti dal teatro classico, moderno e da una nuova drammaturgia contemporanea, passando per la cinematografia. Contemporaneamente la pittrice romana dipingerà una tela enorme ispirata a ciò che vivrà e ispirante per chi la guarderà.