I magnifici sette (The Magnificent Seven, Usa, 2016) di Antoine Fuqua con Denzel Washington, Chris Pratt, Ethan Hawke, Vincent D’Onofrio, Lee Byung-hun, Manuel Garcia-Rulfo, Martin Sensmeier, Haley Bennett, Peter Sarsgaard, Matt Bomer, Luke Grimes
Sceneggiatura di Nic Pizzolatto, Richard Wenk
Western, 2h 12′, Warner Bros. Pictures Italia, in uscita il 22 settembre 2016
Voto: 6 su 10
Non sentiamo di dover dire granché sul remake di Antoine Fuqua del classico di John Sturges, già a sua volta ispirato al capolavoro di Akira Kurosawa I sette samurai. Trattandosi di una copia aggiornata alle regole del blockbuster contemporaneo, non si può dire che il nuovo I magnifici sette non funzioni, anzi, lo spettacolo è ben presente per tutta l’eccessiva durata. Però che noia ancora con questi remake! Non c’è settimana che non ne esca uno.
Del villaggio martoriato da un bandito cercatore d’oro (Sarsgaard in versione cattivissimo) e della banda si sette scalmanati (Washington, Pratt, Hawke, D’Onofrio, Byung-hun, Garcia-Rulfo, Sensmeier) che giunge a difenderlo, si conosce già tutto. Piccole e medie innovazioni lasciano il tempo che trovano. Quella più eclatante è legata al meltin pot equamente distribuito tra i pistoleri (c’è un afro-americano, un asiatico, un messicano e un pellerossa), in onore del politically correct in tempo di elezioni, ma nessuno degli attori può competere con il carisma del cast originale (Yul Brinner e Steve McQueen? Ma per favore…).
Il tosto Fuqua, qui chiamato a una grande occasione cinematografica, conferma le proprie abilità con l’action, ma è in affanno quando deve tenere testa alla confusa sceneggiatura dell’acclamato autore di True Detective Nick Pizzolatto. Ciò che manca a questo remake è il respiro epico, l’afflato comunitario e il travolgente senso di giustizia di Sturges, che lasciano il posto a un facile sarcasmo e a una blanda allusione alla lotta al terrorismo di oggi. E anche le musiche del compianto James Horner non possono che soccombere se paragonate al leggendario motivetto di Elmer Bernstein. Intrattenimento onesto e godibile, ma ce n’era davvero bisogno?
Giuseppe D’Errico
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