“Due donne che ballano” di Josep Maria Benet i Jornet, uno spettacolo di Veronica Cruciani, la recensione

DUE DONNE CHE BALLANO
di Josep Maria Benet i Jornet

Traduzione: Pino Tierno
con Maria Paiato e Arianna Scommegna
Scene: Barbara Bessi
Musiche: Paolo Coletta
Luci: Gianni Staropoli
Regia: Veronica Cruciani
Produzione: Centro d’Arte Contemporanea Teatro Carcano

In scena al Teatro Vittoria dal 23 marzo al 2 aprile 2017

Voto: 8 su 10

Le protagoniste di questa storia non hanno un nome. Le protagoniste di questa storia sono due: due donne – isola che si incontrano in un interno decadente, casa dichiarata “non agibile” dove una di esse, la più anziana, ha dimora e dove l’altra, insegnante inoccupata, va ad offrire il proprio lavoro di collaboratrice domestica. Non si piacciono, quelle due, a malapena si sopportano e non ne fanno mistero: voci alte e indici puntati sono i tratti salienti delle ore trascorse assieme. Una collezione di vecchi giornali e un viaggio a Parigi le avvicineranno, loro, differenti eppure simili, entrambe vittime dei propri affetti ma ancora  troppo ribelli per accettare una sorte che sembra segnata: in una danza – imprevedibilmente assieme –  il loro riscatto, mani nelle mani usciranno di scena a testa alta, ridendo della vita e del destino.

DUE-DONNE-CHE-BALLANoIl testo del drammaturgo catalano Josep Maria Benet i Jornet si compone di frasi taglienti, secche, strali di accuse e improvvisi squarci di tenerezza a raccontare l’incontro di anime perdute ma non vinte, furenti ma ancor capaci di alleviare il proprio malessere attraverso la lente di una ironia salvifica, necessaria a stemperare la dolorosità del vissuto e a mitigare l’impietosità della narrazione.

Benché non si pregi di  particolari originalità nello svolgimento della trama, questo Due donne che ballano è racconto di umana, universale empatia, che non lesina sorrisi pur tra le lacrime che riesce a far affiorare. Cuore e anima di questa elegia della solitudine sono le due interpreti sul palco del Teatro Vittoria, perché le protagoniste di questa storia un nome lo hanno: si chiamano Maria Paiato e Arianna Scommegna, e sono una più brava dell’altra.

Maria Paiato si trasforma in mole della solitudine, lavora con apparente, incredibile naturalezza su postura, smorfie, asprezze e nostalgie di una vecchia che ha trascorso la vita aggrappandosi al nulla, poiché, come fieramente declama “ho solo la merda, ma è la mia merda”; Arianna Scommegna è più trattenuta, meno irruenta ma non meno vibrante e onesta nel restituire il dramma di una donna che non vuole dimenticare il dolore che ha segnato  la sua storia.

Veronica Cruciani alla regia: un pugno al cuore di graffiante bellezza.

Marco Moraschinelli

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