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“Stabat Mater – Oratorio per voce sola” di Antonio Tarantino, uno spettacolo di Giuseppe Marini, la recensione

STABAT MATER – Oratorio per voce sola
di Antonio Tarantino

Con Maria Paiato
Regia a cura di Giuseppe Marini
Aiuto Regia: Maria Castelletto
Scene: Alessandro Chiti
Costumi: Helga Williams
Musiche originali: Paolo Colletta
Disegno Luci: Javier Delle Monache
Produzione: Società per attori

In scena al Piccolo Eliseo dal 21 febbraio all’11 marzo 2018

Voto: 8 su 10

Parla, straparla, vomita parole in maniera ininterrotta per più di un’ora e mezza. Ti guarda dal centro del suo mondo fatto di stracci barattati in cambio di sesso (amore?) rubato al marito di un’altra donna, più brutta ma meno sfortunata di lei, magari anche meno sola. Il viso sfigurato da un trucco troppo carico, gli occhi, già di per sé troppo espressivi, enfatizzati da una matita nera a rendere ogni espressione più violenta,  carica di stupore, sguaiatezza, di richiesta di comprensione prima e di aiuto poi.

“Due donne che ballano” di Josep Maria Benet i Jornet, uno spettacolo di Veronica Cruciani, la recensione

DUE DONNE CHE BALLANO
di Josep Maria Benet i Jornet

Traduzione: Pino Tierno
con Maria Paiato e Arianna Scommegna
Scene: Barbara Bessi
Musiche: Paolo Coletta
Luci: Gianni Staropoli
Regia: Veronica Cruciani
Produzione: Centro d’Arte Contemporanea Teatro Carcano

In scena al Teatro Vittoria dal 23 marzo al 2 aprile 2017

Voto: 8 su 10

Le protagoniste di questa storia non hanno un nome. Le protagoniste di questa storia sono due: due donne – isola che si incontrano in un interno decadente, casa dichiarata “non agibile” dove una di esse, la più anziana, ha dimora e dove l’altra, insegnante inoccupata, va ad offrire il proprio lavoro di collaboratrice domestica. Non si piacciono, quelle due, a malapena si sopportano e non ne fanno mistero: voci alte e indici puntati sono i tratti salienti delle ore trascorse assieme. Una collezione di vecchi giornali e un viaggio a Parigi le avvicineranno, loro, differenti eppure simili, entrambe vittime dei propri affetti ma ancora  troppo ribelli per accettare una sorte che sembra segnata: in una danza – imprevedibilmente assieme –  il loro riscatto, mani nelle mani usciranno di scena a testa alta, ridendo della vita e del destino.

“La sedia della felicità”, il congedo garbato di un regista che ci mancherà

La sedia della felicità (Italia, 2014) di Carlo Mazzacurati con Valerio Mastandrea, Isabella Ragonese, Giuseppe Battiston, Katia Ricciarelli, Antonio Albanese, Maria Paiato, Milena Vukotic, Fabrizio Bentivoglio, Silvio Orlando, Roberto Citran, Raul Cremona, Marco Marzocca, Mirco Artuso, Roberto Abbiati, Lucia Mascino, Natalino Balasso

Sceneggiatura di Carlo Mazzacurati, Doriana Leondeff, Marco Pettenello

Commedia, 1h 38′, 01 Distribution, in uscita il 24 aprile 2014

Voto: 7 su 10

A tre mesi dalla prematura scomparsa di Carlo Mazzacurati, esce in sala postumo l’ultimo film da lui diretto e già presentato durante l’ultima edizione del Torino Film Festival. La sedia della felicità è l’opera più dichiaratamente comica del sensibile autore padovano, e non sarà difficile, per chi ha dimestichezza col suo cinema, ritrovarvi ambienti e umori che da sempre hanno popolato la sua concezione narrativa.

“Medea” trova la sua interprete d’eccezione in Maria Paiato

MEDEA
di Seneca
traduzione e adattamento Francesca Manieri
con Maria Paiato, Max Malatesta, Orlando Cinque, Giulia Galiani, Diego Sepe
regia Pierpaolo Sepe
scene Francesco Ghisu
costumi Annapaola Brancia D’Apricena
luci Pasquale Mari
trucco Vincenzo Cucchiara
aiuto regia Luisa Concione
foto di scena Pino Le Pera
Al Teatro Eliseo di Roma fino al 17 aprile.

Voto: 7 su 10

Il suo corpo è carico di tensione. I suoi movimenti ora sono volutamente nervosi, ora freddamente mansueti. La sua voce spazia da inquietanti sonorità oscure e profonde a femminili vezzeggiamenti acuti, dal sapore dolceamaro. Di disumano c’è solo la sua bravura. È MedeaPaiato, è PaiatoMedea. Tutt’uno. Così credibile da rendere intelligibile ogni singola parola dei versi di Seneca. Per mano sua, un testo dal linguaggio ricercato, arcaico e che spaventa in complessità, sembra diventare il più amichevole e semplice dei testi moderni.