“Devil’s Knot”: brutta sceneggiatura per il film di Egoyan

Devil’s Knot – Fino a prova contraria (Devil’s Knot, USA 2013) di Atom Egoyan con Reese Witherspoon, Colin Firth, Alessandro Nivola, Kevin Durand, Mireille Enos, Bruce Greenwood, Amy Ryan, Stephen Moyer, Elias Koteas, Matt Letscher, Martin Henderson, Collette Wolfe

Sceneggiatura di Paul Harris Boardman, Scott Derrickson

Drammatico, 1h e 51’, Distribuzione Notorious Pictures, nelle sale dall’8 maggio 2014

Voto: 4 su 10

“Tratto da una storia vera”. Un’epigrafe che spesso funge da epitaffio per la storia: nel senso che l’ammazza. Come se bastasse questo per rendere interessante la narrazione: occorre ben altro per tenere inchiodato lo spettatore alla poltrona.
Devil’s Knot, probabilmente, non è stato ben pensato, a monte, come “film di genere”: non è un Legal, perché le scene ambientate in tribunale non sono scritte come tali e il protagonista non è un avvocato. Non è un Crime, né tanto meno un Thriller. Si potrebbe cercare di definirlo come un film drammatico, rimanendo sempre molto approssimativi e rischiando di sbagliare anche questo tentativo di identificazione.
Ma non è solo la mancata collocazione nel “Genere cinematografico” ad aver fatto sbagliare il film in fase di DevilsKnot_locandinascrittura: manca il punto di vista di chi racconta questa storia. E ce ne potevano essere diversi: la trama, infatti, è tutta incentrata su un misterioso omicidio che vede vittime tre bambini di otto anni, trovati esanimi nei boschi del Tennessee. La madre di uno dei piccoli, Pam Hobbs (interpretata da Reese Witherspoon), sembra prestarsi bene, nei primi minuti di film, come “sguardo” sui fatti: tuttavia viene presto dimenticata e viene introdotta la figura di un investigatore (Colin Firth) così mal presentata e sviluppata, che non riesce a prendere le redini del racconto. Da qui parte il groviglio di situazioni, che rimbalzano ora in tribunale, ora nella casa della signora Hobbs, senza un crescendo emozionale, senza particolari svolte narrative, in un crogiolo di informazioni date allo spettatore in modo confuso e spesso assai ripetitivo. Insomma: inutili i sottopancia che ricapitolano, anche qui in modo discontinuo, i passaggi chiave del processo: Devil’s Knot annoia perché trascura lo spettatore stesso, infischiandosene della sua attenzione e del suo desiderio di emozionarsi. Ma ci riprova alla fine, riproponendo l’epitaffio iniziale: è tratto da una storia vera! Lo ripetiamo: non basta questo a rincuorare chi ha scelto di vedere questa pellicola,  investendo tempo e danaro, sempre preziosi.
Andrea Ozza

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