Tag Archives: Amy Ryan

“Beautiful Boy”, un film di Felix Van Groeningen, la recensione

Beautiful Boy (id, Usa, 2018) di Felix Van Groeningen con Steve Carell, Timothée Chalamet, Maura Tierney, Amy Ryan, Timothy Hutton, Amy Forsyth

Sceneggiatura di Luke Davies e Felix Van Groeningen, dai romanzi “Beautiful Boy: A Father’s Journey Through His Son’s Addiction” di David Sheff e “Tweak: Growing Up on Methamphetamines” di Nic Sheff.

Drammatico, 1h 58′, 01 Distribution, in uscita il 13 giugno 2019

Voto: 7 su 10

In cosa si differenzia Beautiful Boy, il film di Felix Van Groeningen sul calvario autolesionistico di un giovane ragazzo sprofondato nella dipendenza da metanfetamine, rispetto alla fluviale filmografia già esistente sull’argomento? La risposta potrebbe essere molto semplice: in nulla, purtroppo. La realtà che racconta e che porta in scena è così tragicamente cristallizzata nel suo iter processuale da rendere persino fuori luogo un accenno che ne confonda il percorso, nonostante la narrazione cinematografica sia sempre avida di novità drammaturgiche, immedesimazioni profonde e colpi di scena. Beautiful Boy, invece, non ha la presunzione di voler “dire” qualcosa di nuovo sul tema, semmai aggiunge solo un ulteriore tassello alla liturgia filmica della tossicodipendenza, ma lo fa con un intimismo spesso straziante, peculiarità che il regista belga aveva già avuto modo di sfoggiare nell’acclamato melodramma a ritmo di folk music Alabama Monroe.

“Il ponte delle spie”, Spielberg classico per una spy story diplomatica

Il ponte delle spie (Bridge of Spies, Usa, 2015) di Steven Spielberg con Tom Hanks, Mark Rylance, Amy Ryan, Sebastian Koch, Austin Stowell, Will Rogers, Scott Shepherd, Alan Alda

Sceneggiatura di Matt Charman, Ethan Coen, Joel Coen

Drammatico, 2h 20′, 20th Century Fox Italia, in uscita il 16 dicembre 2015

Voto: 7 su 10

Negli anni ’50, in piena guerra fredda tra Stati Uniti e Unione Sovietica, l’FBI arrestò una ricercatissima spia russa, Rudolf Abel (Rylance), residente a New York. Per salvare le apparenze di democrazia, all’imputato venne garantito un regolare processo, ma la condanna non fu di morte ma di ergastolo. Nel clima di paranoia dilagante tra la popolazione americana, un risultato del genere fu un vero colpo al cuore all’incolumità del paese. E invece l’avvocato difensore di Abel, James Donovan (Hanks), un legale assicurativo di Brooklyn con capacità innate di negoziazione, grazie a una saggia lungimiranza, propose e ottenne di mantenere in vita l’imputato per poterlo utilizzare come merce di scambio per possibili trattazioni diplomatiche future. Cosa che puntualmente avvenne: un aereo spia americano viene abbattuto su suolo sovietico e il suo pilota (Stowell) condannato a dieci anni di reclusione in Russia; uno studente universitario americano (Rogers) viene arrestato con accusa di cospirazione a Berlino Est. Donovan si batte per uno scambio: Rudolf Abel per i due cittadini statunitensi.

“Birdman o (L’imprevedibile virtù dell’ignoranza)”, Iñárritu incanta

Birdman o (L’imprevedibile virtù dell’ignoranza) [Birdman or (The Unexpected Virtue of Ignorance) Usa, 2014] di Alejandro González Iñárritu con Michael Keaton, Emma Stone, Edward Norton, Zack Galifianakis, Amy Ryan, Andrea Riseborought, Naomi Watts, Lindsay Duncan

Sceneggiatura di Alejandro González Iñárritu, Nicolàs Giacobone, Alexander Dinelaris jr, Armando Bo

Commedia, 1h 59′, 20th Century Fox Italia, in uscita il 5 febbraio 2015

Voto: 9 su 10

Straordinario viaggio nella vita e nella mente di un attore, Riggan Thomson, interpretato da Michael Keaton: un tempo celebre volto di Birdman, un supereroe del grande schermo, spera ora di poter rilanciare la propria immagine e riaffermare il proprio talento in uno spettacolo tratto da Raymond Carver a Broadway, “Di cosa parliamo quando parliamo d’amore”. Attorno a lui si muove la spaventosa fauna dell’ambiente teatrale: il suo produttore e avvocato sull’orlo di una crisi di nervi (Galifianakis), il sostituto per il ruolo secondario (Norton) che ha non poche manie di grandezza, due attrici insicure (Watts) e bugiarde (Riseborought), la figlia (Stone) segretaria appena dimessa dal rehab, la temibile critica del New York Times (Duncan) che vuole stroncarlo ancor prima di vederlo. E alle sue spalle aleggia la presenza incombente dell’alter-ego cinematografico.

Venezia71, le minirecensioni: “Birdman”, “La vita oscena”, “The Look of Silence”, “La rançon de la gloire”, “Melbourne”

Birdman or (The Unexpected Virtue of Ignorance) – Usa, 2014 di Alejandro Gonzales Inarritu con Michael Keaton, Emma Stone, Edward Norton, Zack Galifianakis, Amy Ryan, Andrea Riseborought, Naomi Watts, Lindsay Duncan – IN CONCORSO

Il film d’apertura è uno straordinario viaggio nella vita e nella mente di un attore, un tempo celebre volto di supereroi da grande schermo, che spera di poter rilanciare la propria immagine e riaffermare il proprio talento in uno spettacolo tratto da Raymond Carver a Broadway. Attorno a lui la spaventosa fauna dell’ambiente e la presenza incombente dell’alter-ego cinematografico. Inarritu si smarca definitivamente dalla cifra narrativa a incastri che l’aveva fino a ora contraddistinto e si abbandona a un inebriante virtuosismo registico che si traduce in un unico, impossibile pianosequenza dal ritmo magmatico e febbrile, al servizio di una sceneggiatura di straordinaria perfidia. Una riflessione da brivido su arte e star system, interpretata da un cast superlativo, con un Keaton senza precedenti. Voto: 9

“Devil’s Knot”: brutta sceneggiatura per il film di Egoyan

Devil’s Knot – Fino a prova contraria (Devil’s Knot, USA 2013) di Atom Egoyan con Reese Witherspoon, Colin Firth, Alessandro Nivola, Kevin Durand, Mireille Enos, Bruce Greenwood, Amy Ryan, Stephen Moyer, Elias Koteas, Matt Letscher, Martin Henderson, Collette Wolfe

Sceneggiatura di Paul Harris Boardman, Scott Derrickson

Drammatico, 1h e 51’, Distribuzione Notorious Pictures, nelle sale dall’8 maggio 2014

Voto: 4 su 10

“Tratto da una storia vera”. Un’epigrafe che spesso funge da epitaffio per la storia: nel senso che l’ammazza. Come se bastasse questo per rendere interessante la narrazione: occorre ben altro per tenere inchiodato lo spettatore alla poltrona.
Devil’s Knot, probabilmente, non è stato ben pensato, a monte, come “film di genere”: non è un Legal, perché le scene ambientate in tribunale non sono scritte come tali e il protagonista non è un avvocato. Non è un Crime, né tanto meno un Thriller. Si potrebbe cercare di definirlo come un film drammatico, rimanendo sempre molto approssimativi e rischiando di sbagliare anche questo tentativo di identificazione.