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RomaFF13 – Selezione Ufficiale: “La diseducazione di Cameron Post”, un film di Desiree Akhavan, la recensione

La diseducazione di Cameron Post (The Miseducation of Cameron Post, Usa, 2018) di Desiree Akhavan con Chloë Grace Moretz, Sasha Lane, Jennifer Ehle, John Gallgher jr, Forrest Goodluck

Sceneggiatura di Desiree Akhavan, Cecilia Frugiuele, dal romanzo omonimo di Emily M. Danforth (ed. Rizzoli)

Drammatico, 1h 31′, Teodora Film, in uscita il 31 ottobre 2018

Voto: 6 su 10

Vincitore del Gran Premio della Giuria all’ultimo Sundance Film Festival, La diseducazione di Cameron Post è il classico prodotto indipendente americano nobilitato da intenzioni encomiabili, cinematograficamente privo di qualsiasi interesse, costruito su misura per far risaltare le doti interpretative fin troppo acclamate di una giovane attrice smaniosa di consacrazione, a fronte di un’attività nel settore di ben oltre un decennio. A dirigere la trasposizione del romanzo omonimo di Emily M. Danforth è la regista newyorkese di origini iraniane Desiree Akhavan, nota nel circuito impegnato per il suo film esordio Appropriate Behavior, del 2014, incentrato sul difficile percorso di accettazione di una ragazza (la Akhavan stessa) in una famiglia persiana, ignara della propria identità sessuale. La sua opera seconda sembra una naturale prosecuzione degli stessi temi, giacché prende ad esame la discutibilissima pratica delle terapie riparative per persone omosessuali.

“Girl”, un film di Lukas Dhont, la recensione

Girl (id, Belgio, 2018) di Lukas Dhont con Victor Polster, Arieh Worthalter, Oliver Bodart, Tijmen Govaerts, Katelijne Damen

Sceneggiatura di Lukas Dhont, Angelo Tijssens

Drammatico, 1h 45′, Teodora Film, in uscita il 27 settembre 2018

Voto: 7½ su 10

Lo strazio del corpo sotto una duplice lente, inteso come gabbia per il proprio essere e come supporto incapace a sostenere lo sforzo artistico: Girl, abbagliante esordio cinematografico del ventiseienne Lukas Dhont, già salutato a furor di critica con la Caméra d’or nella sezione Un certain regard e il Premio FIPRESCI all’ultimo Festival di Cannes, è la cronaca di un percorso adolescenziale strenue e logorante, quello di Lara, che a quindici anni sogna di diventare una étoile. Le sue giornate sono segnate dalla dura disciplina della danza classica, una routine sfibrante fatta di affanni, sudore e piedi sanguinanti. Eppure il suo fisico fatica a rispondere al bisogno di perfezione che il ballo impone. Forse perché Lara è nata maschio, e soffre irrimediabilmente questa condizione. 

“120 battiti al minuto”, un film di Robin Campillo, la recensione

120 battiti al minuto (120 battements par minute, Francia, 2017) di Robin Campillo con Nahuel Pérez Biscayart, Arnaud Valois, Adèle Haenel, Antoine Reinartz, Félix Maritaud, Ariel Borenstein, Aloïse Sauvage, Simon Bourgade, Médhi Touré, Simon Guélat, Coralie Russier, Catherine Vinatier, Théophile Ray, Jérôme Clément-Wilz, Jean-François Auguste, Saadia Bentaïeb

Sceneggiatura di Robin Campillo, Philippe Mangeot

Drammatico, 2h 24’, Teodora Film, in uscita il 5 ottobre 2017

Voto: 8½ su 10

L’espressione 120 battiti al minuto, in inglese, indica sia il numero di pulsazioni del cuore che i rintocchi di un tempo musicale, utilizzato soprattutto per la house music; il regista Robin Campillo la prende in prestito per farne il titolo del suo ultimo film (Grand Prix della giuria, Premio Fipresci e Queer Palm al Festival di Cannes) e per inquadrare un’epoca, quella dei primi anni Novanta, in cui i gay, vittime passive della sindrome da immunodeficienza acquisita nel decennio precedente, erano diventati protagonisti principali della battaglia per sconfiggere quella che venne definita la “peste del secolo”. La locuzione, però, non è solamente un tramite per la splendida colonna sonora di una stagione di passione, ma delinea perfettamente il carattere impetuoso e tenace che animò il movimento attivista di Act Up-Paris, l’associazione nata sull’esempio dell’omonima americana e pronta a tutto pur di rompere il silenzio generale sull’epidemia di AIDS.

Venezia74 – Concorso: “Charley Thompson – Lean on Pete”, un film di Andrew Haigh, la recensione

Charley Thompson (Lean on Pete, GB, 2017) di Andrew Haigh con Charlie Plummer, Steve Buscemi, Chloë Sevigny, Travis Fimmel, Steve Zahn

Sceneggiatura di Andrew Haigh, dal romanzo “La ballata di Charley Thompson” di Willy Vlautin (ed. Mondadori)

Drammatico, 2h 01′, Teodora Film

Voto: 6½ su 10

Quello di Andrew Haigh è un cinema lineare, che non inganna lo spettatore con flashback, segreti o colpi di scena ribaltatori. Lo conferma Lean on Pete (che in Italia sarà distribuito da Teodora Film col titolo Charley Thompson), suo terzo lungometraggio dopo gli apprezzatissimi Weekend e 45 anni. Ancora una volta, l’autore britannico concentra la sua narrazione in un breve lasso di tempo: se nel suo esordio la trama si consumava nei due giorni del titolo, e nell’opera successiva in meno di una settimana, qui l’azione si sviluppa in un arco temporale di poco più disteso.

“Adorabile nemica”, un film di Mark Pellington, la recensione

Adorabile nemica (The Last Word, Usa, 2017) di Mark Pellington con Shirley MacLaine, Amanda Seyfried, AnnJewel Lee Dixon, Anne Heche, Philip Baker Hall, Thomas Sadoski , Tom Everett Scott, Joel Murray Valerie Ross, Steven Culp

Sceneggiatura di Stuart Ross Fink

Commedia, 1h 48’, Teodora Film, in uscita il 4 maggio 2017

Voto: 6½ su 10

Non capita più tanto spesso di ritrovare le grandi attrici del passato in sala, un po’ perché ce ne sono purtroppo sempre meno, un po’ perché non si scrivono più copioni per loro, un po’ perché (e questa è la verità più triste) il pubblico mainstream non le conosce e non corre al loro richiamo. Per questo è da prendere al volo questo Adorabile nemica, terribile titolo italiano dell’originale The Last Word, che ci riporta sullo schermo, come protagonista assoluta, l’immensa Shirley MacLaine, classe 1934 e una verve da far impallidire le migliori leve del momento.

“Il diritto di uccidere”, la guerra dei droni nel thriller etico di Gavin Hood

Il diritto di uccidere (Eye in the Sky, GB, 2015) di Gavin Hood con Helen Mirren, Alan Rickman, Aaron Pul, Barkhad Abdi, Jeremy Northam, Iain Glen, Phoebe Fox, Monica Dolan, Gavin Hood

Sceneggiatura di Guy Hibbert

Thriller, 1h 42’, Teodora Film, in uscita il 25 agosto 2016

Voto: 7 su 10

In un’epoca in cui la guerra non si combatte più in trincea ma “comodamente” seduti davanti allo schermo di un computer, anche il concetto cinematografico del genere bellico ha assunto nuove potenzialità, soprattutto dopo l’invenzione dei droni. L’occhio nel cielo, in grado di poter colpire a morte il bersaglio con missili comandati a una distanza di sicurezza tale da assicurare l’indennità del mandante, si scontra, però, con la stima dei cosiddetti “danni collaterali”, ossia la perdita di vite innocenti che verrebbero coinvolte nelle vicinanze dell’esplosione. Il diritto di uccidere, del sudafricano Gavin Hood (Rendition, Ender’s Game), porta sullo schermo un caso limite per proporre una riflessione etica e morale sulla questione, senza fornire risposte ma mettendo in luce i fatti.

RomaFF9: “I Milionari” di Alessandro Piva, sezione Cinema d’Oggi

I Milionari (Italia, 2014) di Alessandro Piva con Francesco Scianna, Valentina Lodovini, Carmine Recano, Francesco Di Leva, Salvatore Striano, Gianfranco Gallo

Sceneggiatura di Alessandro Piva, Massimo Gaudioso, Stefano Sardo, Giacomo Gensini, Giuseppe Gagliardi dal romanzo “I milionari. Ascesa e declino dei signori di Secondigliano” di Luigi Alberto Cannavale e Giacomo Gensini

Drammatico, 1h 44′, Teodora, in uscita prossimamente

Voto: 5 su 10

Alessandro Piva è, senza dubbio, uno dei registi più originali e attenti alle dinamiche di quel che rimane del cinema di genere in Italia. Dispiace, quindi, che la sua bravura sia al servizio di un film superfluo e artisticamente scontato come questo I Milionari, liberamente ispirato al romanzo-inchiesta del pm Luigi Alberto Cannavale e del giornalista Giacomo Gensini. L’autore, accusato di aver realizzato l’ennesimo (tele)romanzo criminale sulla camorra napoletana, si è difeso spingendo sulla componente psicologica come punto a favore di un progetto che voleva smarcarsi dalla folla di operazioni analoghe dell’ultimo periodo.

“Quel che sapeva Maisie”, il divorzio raccontato dall’infanzia

Quel che sapeva Maisie (What Maisie Knew, Usa, 2012) di Scott McGehee, David Siegel con Onata Aprile, Julianne Moore, Steve Coogan, Alexander Skarsgård, Joanna Vanderham

Sceneggiatura di Nancy Doyne, Carroll Cartwright, ispirato all’omonimo romanzo di Henry James (ed. Marsilio)

Drammatico, 1h 35′, Teodora Film, in uscita il 26 giugno 2014

Voto: 8 su 10

Adattamento contemporaneo di un romanzo omonimo di Henry James del 1897, Quel che sapeva Maisie è la sorpresa di fine giugno delle uscite in sala (distribuisce Teodora Film, non con qualche remora: il film era nel loro listino da tempo). Gli sceneggiatori trasportano la vicenda vittoriana nella metropoli newyorkese di oggi, portando alla luce gli elementi di straordinaria modernità del testo attraverso le implicazioni che riguardano una coppia divorziata (Moore e Coogan) in lotta per l’affidamento della piccola figlia Maisie (Aprile). Rocker distratta lei, mercante d’arte girovago lui, sballottano la bimba da una casa all’altra, abbandonandola il più delle volte alla compagnia dei rispettivi nuovi compagni (Skarsgård e Vanderham). Privata di basi e attenzioni, Maisie verrà chiamata a compiere una scelta difficile.

“Ti sposo ma non troppo”, schema abusato per un copione mal adattato

Ti sposo ma non troppo (Italia, 2014) di Gabriele Pignotta con Gabriele Pignotta, Vanessa Incontrada, Chiara Francini, Fabio Avaro, Paola Tiziana Cruciani, Paolo Triestino, Francesco Foti, Michela Andreozzi, Catherine Spaak

Sceneggiatura di Gabriele Pignotta, dall’omonima pièce teatrale

Commedia, 1h 36′, Teodora, in uscita il 17 aprile 2014

Voto: 3½ su 10

Non si finirà mai di ribadire quanto il teatro e il cinema siano due concetti drasticamente differenti, e quanto sia rischioso adattare il primo agli spazi del secondo. L’ha fatto in maniera scriteriata Gabriele Pignotta, uno dei più apprezzati volti della commedia teatrale italiana, che ha preso uno dei suoi testi meglio riusciti sul palco e lo ha ridotto per il grande schermo. Scritto, diretto e interpretato da sé medesimo, Ti sposo ma non troppo diventa l’ultimo caso di una folta schiera di fatali “allestimenti in celluloide” a ribadire la pericolosità di siffatti ibridi.

“Molière in bicicletta”, bravura con spocchia, una meta-commedia superflua

Molière in bicicletta (Alceste à bicyclette, Francia, 2013) di Philippe Le Guay, con Fabrice Luchini, Lambert Wilson, Maya Sansa, Laurie Bordesoules

Sceneggiatura di Philippe Le Guay e Fabrice Luchini

Commedia, 1h 44′, Teodora, in uscita il 12 dicembre 2013

Voto: 6 su 10

Forse ha il difetto di arrivare in sala nel momento sbagliato, o meglio, dopo tante altre impeccabili commedie d’oltralpe. E probabilmente pagherà uno scotto immeritato. Però la saccenza di questo tipo di scrittura ha francamente raggiunto il limite, copioni grondanti intellettualismi e finissima psicologia comportamentale al servizio di prove d’attori che invocano applausi a scena aperta.