“Il diritto di uccidere”, la guerra dei droni nel thriller etico di Gavin Hood

Il diritto di uccidere (Eye in the Sky, GB, 2015) di Gavin Hood con Helen Mirren, Alan Rickman, Aaron Pul, Barkhad Abdi, Jeremy Northam, Iain Glen, Phoebe Fox, Monica Dolan, Gavin Hood

Sceneggiatura di Guy Hibbert

Thriller, 1h 42’, Teodora Film, in uscita il 25 agosto 2016

Voto: 7 su 10

In un’epoca in cui la guerra non si combatte più in trincea ma “comodamente” seduti davanti allo schermo di un computer, anche il concetto cinematografico del genere bellico ha assunto nuove potenzialità, soprattutto dopo l’invenzione dei droni. L’occhio nel cielo, in grado di poter colpire a morte il bersaglio con missili comandati a una distanza di sicurezza tale da assicurare l’indennità del mandante, si scontra, però, con la stima dei cosiddetti “danni collaterali”, ossia la perdita di vite innocenti che verrebbero coinvolte nelle vicinanze dell’esplosione. Il diritto di uccidere, del sudafricano Gavin Hood (Rendition, Ender’s Game), porta sullo schermo un caso limite per proporre una riflessione etica e morale sulla questione, senza fornire risposte ma mettendo in luce i fatti.

diritto_di_uccidereIl film è la cronaca, quasi in tempo reale, di una missione militare in Kenia: a Nairobi, il colonnello Helen Powel (Mirren) è in contatto con il generale Frank Benson (Rickman) e alcuni esponenti politici a Londra per la cattura di certe pericolose cellule terroristiche rifugiatesi in una casa vicino il mercato. L’operazione cambia quando, grazie all’utilizzo di particolari dispositivi mobili, ci si rende conto che i terroristi stanno organizzando un attentato kamikaze. L’ordine, ora, non è più la cattura ma l’eliminazione immediata dei bersagli, per impedire una futura strage. Dal Nevada, il pilota (Paul) del drone designato a fare fuoco chiede una nuova stima dei danni quando entra in scena una imprevista variabile umana, mentre il comparto politico procrastina l’ordine, temendo ripercussioni dell’opinione pubblica sull’attacco…

Il dilemma alla base del copione di Guy Hibbert è inoppugnabile e limpidissimo: meglio sacrificare una vita innocente (la mortificazione è moltiplicata nel caso di una tenerissima bambina che svolge con dedizione il compito oridinatole) o correre il rischio di un massacro di civili? Su questo interrogativo, la sceneggiatura apre molte strade, tutte condivisibili e, al contempo, discutibili. Perché, come recita la frase di Eschilo in apertura, “In guerra, è la verità la prima a soccombere”.

Non capita spesso di riflettere all’interno di un congegno narrativo tesissimo e coinvolgente, e questo è senza dubbio un grande pregio del film che, invece, è maldestro nell’affrontare il processo di umanizzazione dei personaggi coinvolti (il generale che non riesce a comprare una bambola per la nipote, il ministro degli esteri inglese colto da un attacco di dissenteria, il ministro americano in Cina a un torneo di ping pong). Un limite comunque ragionevole, soprattutto se confrontiamo Il diritto di uccidere ai recenti esempi del genere che il cinema contemporaneo ha offerto, come il pessimo Good Kill di Andrew Niccol. Ultima, splendida apparizione sullo schermo del compianto Alan Rickman, in un solido cast, capitanato dalla maestosa Mirren, dove nessuno è fuori posto.

Giuseppe D’Errico

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