
Manchester by the Sea (id, Usa, 2016) di Kenneth Lonergan con Casey Affleck, Lucas Hedges, Michelle Williams, Kyle Chandler, Gratchen Mol, Matthew Broderick, Kara Hayward, Heather Burns, Josh Hamilton
Sceneggiatura di Kenneth Lonergan
Drammatico, 2h 16’, Universal Pictures International Italy, in uscita il 1° dicembre 2016
Voto: 6½ su 10
Drammone luttuoso, già apprezzato al Sundance Film Festival e, con buone probabilità, in profumo di Oscar, specie per quel che riguarda il suo attore principale, un Casey Affleck nell’interpretazione della vita. È Manchester by the Sea, scritto e diretto da quel Kenneth Lonergan che, nel 1999, si rese artefice del caso cinematografico dell’anno, l’indipendente Conta su di me, e che come sceneggiatore ha firmato copioni di successo come Terapia e pallottole e Gangs of New York.
Alla sua terza esperienza registica, Lonergan ritorna a rappresentare personaggi e ambienti ai margini della società, per parlare dell’elaborazione di un dolore impossibile da superare. Protagonista è Lee Chandler (Affleck), tuttofare condominiale nella periferia di Boston. Taciturno ai limiti del catatonico, ma anche soggetto a improvvisi scatti di violenza, con una vita grigia, ripetitiva e ferma come la neve che spala, Lee si trova costretto a ritornare a Manchester, nel New England, a causa della morte del fratello maggiore Joe (Chandler). Qui, nella sua città natale, scoprirà di essere l’unico tutore legale del nipote sedicenne Patrick (Hedges) e, soprattutto, tornerà a fare i conti con il tragico passato che lo divideva da sua moglie Randi (Williams).
La cosa migliore del film, oltre alla già citata performance di Casey Affleck, tutta in sottrazione e di straordinaria umanità, è probabilmente la capacità di Lonergan di innestare elementi sdrammatizzanti in una narrazione di gravitas assoluta, senza che l’effetto strida a conti fatti. Pregio non da poco, che dà modo all’opera di prendere respiro e allo spettatore di avere un attimo di tregua dal dramma, anche considerando la durata spropositata. Quel che resta è null’altro che convenzionale cinema indipendente americano in rotta verso le umane miserie della vita, esageratamente infarcito di scene madri, con un uso spietato della musica classica e con qualche bozzetto di troppo (la famiglia “molto cristiana” della madre alcolizzata di Patrick, interpretata da Gretchen Mol), ma anche con brevi attimi di toccante verità. Il tutto per dirci che da certi traumi non si sopravvive. Un po’ risaputo.
Giuseppe D’Errico
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