“La città ideale”, un grottesco della mente per Lo Cascio regista

La città ideale (Italia, 2012) di Luigi Lo Cascio con Luigi Lo Cascio, Catrinel Marlon, Luigi Maria Burruano, Aida Burruano, Roberto Herlitzka, Barbara Enrichi, Massimo Foschi, Antonio Santagata

Soggetto e Sceneggiatura di Luigi Lo Cascio, in collaborazione con Massimo Gaudioso, Desideria Rayner e Virginia Brogi

Giallo, 1h 45’, Istituto Luce-Cinecittà Distribuzione, in uscita l’11 aprile 2013

In Concorso nella Settimana della Critica della 69a Mostra INternazionale d’Arte Cinematografica di Venezia

Voto: 5 su 10

Visto a Venezia69 nella Settimana della Critica, è il film che segna l’esordio alla regia, e in sede autoriale, di uno dei nostri attori più apprezzati, Luigi Lo Cascio. La città ideale, però, è una commedia nera vicina al thriller kafkiano che sfugge al controllo del neo-regista e disorienta pericolosamente lo spettatore, tuffato in un in incubo notturno che insospettisce all’inganno.

LaCittaIdealeMichele Grassadonia (Lo Cascio) è un ecologista radicale, non usa elettricità, non sporca l’ambiente e si lava con l’acqua piovana. Sempre ligio al dovere e pronto ad aiutare il prossimo, vive a Siena perché reputata città ideale. In una notte di pioggia, alla guida dell’auto di un amico, Michele intravede un corpo sul ciglio della strada, poi ha un incidente. Nel giro di poche ore si ritroverà a doversi difendere dalle insinuanti accuse di polizia e avvocati.

Una sceneggiatura temeraria, fosca ma fin troppo (mal) articolata, in cui etica e morale vengono chiamati in causa per un racconto a confine tra grottesco e giallo d’altri tempi; i dilemmi sollevati, però, restano sulla superficie di un film che, più va avanti e più cozza in un mortificante delirio privato, con abbondanza di terribili onirismi aracnidi e fantasmatiche presenze femminili succinte.

Arduo cogliere un fine ultimo, se non nella denuncia, volutamente sopra le righe, alla sommarietà della giustizia e all’impossibilità di vivere la vita che vorremmo. Resta un noir ripetitivo, monotono, non privo di fascino e di presenze attoriali degne di nota (nel ruolo della madre di Michele, la vera mamma di Lo Cascio, Aida Burruano) ma decisamente squinternato, che con ottime probabilità avrebbe trovato miglior resa su un palcoscenico teatrale.

Merito, comunque, a Lo Cascio, senza rete con un film fuori dai canoni del nostro cinemino nazional popolare.

Giuseppe D’Errico

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