“Dio esiste e vive a Bruxelles”, finta provocazione senza alcun senso

Dio esiste e vive a Bruxelles (Le tout nouveau testament, Belgio/Francia/Lussemburgo, 2015) di Jaco Van Dormael con Benoît Poelvoorde, Pili Groyne, Catherine Deneuve, François Damiens, Yolande Moreau, Laura Verlinden, Serge Lirivière, Marco Lorenzini

Sceneggiatura di Thomas Gunzig, Jaco Van Dormael

Commedia, 1h 53′, I Wonder Pictures/Unipol Biografilm Collection, in uscita il 26 novembre 2015

Voto: 4 su 10

Perché Dio dovrebbe esistere e vivere a Bruxelles? Non lo spiega purtroppo, insieme a una marea di altre leziose stravaganze fini a se stesse, il regista belga Jaco van Dormael in questa sua ultima fatica cinematografica, Dio esiste e vive a Bruxelles, a oltre 6 anni di distanza dal piccolo cult Mr. Nobody.

dio-esiste-e-vive-a-bruxelles-poster-italianoA metà tra Amélie e il peggior Wim Wenders, con sprazzi di humour raggelanti anche per chi si trovasse meglio disposto alla visione, è la storia del Padreterno (il bravo Poelvoorde) che, a causa della sua insopprimibile carognaggine nel causare dolori e infelicità al genere umano, subisce la crudele vendetta della figlioletta preadolescente (Groyne): la piccola ribelle manomette il sistema informatico del padre e manda a ogni singola persona sulla faccia della terra un sms con la propria personale data di morte. Ma non è finita qui: istigata dalla statuina parlante del fratello Gesù, la bambina parte alla ricerca dei suoi personali sei apostoli, con i quali scrivere una versione aggiornata del Nuovo Testamento. I prescelti sono sei disgraziati presi a caso dall’umanità transalpina, ognuno dei quali dotato di un particolare adatto alla missione…

Salvando unicamente l’idea principale, affatto originale ma comunque gustosa, che fa di Dio un mediocre di mezza età in ciabatte e pantofole, che gode nel tormentare ciò che ha creato come i bambini fanno coi loro balocchi, tutto il resto del film è un irritante delirio di spocchia che non va a parare da nessuna parte. Il talento visivo del regista si arresta su un livello di smorfiosaggini inaudito, la scrittura è impresentabile per coesione narrativa e significato inesistente, i dialoghi si vorrebbero poetici e arguti ma sono solo fumo. E mette una tristezza senza fine vedere una sempre splendida e sfiorita Deneuve ridursi ad amoreggiare con un gorilla senza alcuna nobile causa. Dedicato a quel tipo di pubblico facilmente influenzabile dalle stramberie di certo cinema francese: si illuderà di aver assistito a un grande film senza mai ammettere di essere stato travolto dal tedio più profondo.

Giuseppe D’Errico

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