“Cinquanta sfumature di grigio”, un fenomeno erotico da obitorio

Cinquanta sfumature di grigio (Fifty Shades of Grey, Usa, 2015) di Sam Taylor-Johnson con Jamie Dornan, Dakota Johnson, Luke Grimes, Jennifer Ehle, Marcia Gay Harden, Max Martini, Rita Ora, Eloise Mumford, Victor Rasuk

Sceneggiatura di Kelly Marcel, dal romanzo omonimo di E.L. James (ed. Mondadori)

Erotico, 2h 05′, Universal Pictures International Italy, in uscita il 12 febbraio 2015

Voto: 3 su 10

Doveva essere la panacea dei desideri frustrati delle oltre cento milioni di lettrici della saga porno-soft di E.L. James (nata, lo ricordiamo, assemblando suggestioni varie e piccanti da una fanzine di “Twilight”), e probabilmente gli incassi lo confermeranno. Però la camera dei giochi proibiti di Mr. Grey ha drammaticamente deluso le aspettative. Dopo due anni di marketing certosino, il fenomeno cinematografico Cinquanta sfumature di grigio fa finalmente la sua uscita in sala nel weekend di San Valentino, con quasi 1000 copie a disposizione e orde di sognanti già armate di biglietto.

CINQUANTA_SFUMATURE_DI_GRIGIO_GNessuno si aspettava il capolavoro del secolo, ma perlomeno uno stuzzicante prodottino d’evasione sì. E invece il primo capitolo della trilogia, scritto per lo schermo da Kelly Marcel (Saving Mr. Banks) e diretto da Sam Taylor-Johnson, ex artista visuale e regista di quel gioiello che era Nowhere Boy, è una pizza di oltre due ore che vorrebbe addentrarci nelle cinquanta sfumature di perversione che si annidano in Christian Grey (Dornan), business man col vizietto sadomaso che si incapriccia per una studentessa illibata e patatona (Johnson), salvo poi tradire ogni compromesso trasgressivo con un’idea di erotismo priva di ogni tensione e passione.

Molto rumore per nulla, si direbbe: le tanto agognate fantasie sessuali del romanzo (banali di per loro ed esposte nella più disarmante delle prose da diario liceale) si traducono sullo schermo in un ridicolo rapporto di sottomissione, ridotto a un uso decisamente parsimonioso di un frustino e di una piuma di pavone (sic!), all’utilizzo di una corda per legare i polsi alla ringhiera del letto e a qualche innocente sculacciata. Non per questo mancano le nudità, ma inevitabilmente riportiamo la mente con malinconia alle effusioni caloriche dei film di Adrian Lyne, che almeno avevano un grande stile.

Dakota-Johnson-as-Anastasia-Steele-taken-from-the-trailer-of-their-film-Fifty-Shades-Of-Grey-which-has-been-releasedCinquanta sfumature di grigio, nel suo look frigido e bidimensionale, nella sua esasperata ricerca del glamour da rotocalco, nella sua fotografia algida e patinata da obitorio, non arriva neppure a sfiorare il sublime di un 9 settimane e ½ (citato nella scena d’amore col ghiaccio), piuttosto si ferma alla rilettura di una pretty woman qualunque, rubandone i cardini non solo narrativi (non uno ma ben due i voli romantici sulla città, in elicottero e biplando, più hit musicale di Ellie Goulding), ma storpiandone gli obiettivi a uso e consumo di un pubblico che ha fame e sete di sesso, prima di tutto, tra le mura di casa. Il target principale è quello adolescenziale, pertanto ogni centimetro di epidermide mostrato è anche sapientemente dosato (nessuna pudenda in bella vista) e, soprattutto, l’intero coté erotico volge nel sentimentalismo più smaccato, col risultato di stiracchiare una storiella terra terra, con personaggi terra terra, verso il nulla più totale (complici dei dialoghi da annotare sul taccuino delle grandi occasioni).

Da un prodotto editoriale tanto abietto e dall’industria hollywoodiana, probabilmente, non si poteva ottenere nulla di meglio. La regista c’ha provato a dare una forma dignitosa al tutto, e se Dornan conferma il physique du role a fronte di un’inespressività degna di un calorifero, la Johnson è una perfettamente goffa e ormonosa Anastasia Steele. Ma all’ennesima deriva involontariamente comica delle pratiche BDSM (e ancora la nostra mente non può fare a meno di volare alla battuta “sta mano pò esse fero e pò esse piuma” del grande Mario Brega in Bianco, Rosso e Verdone), alla decima cravatta sfilata tenebrosamente da lui e al centesimo labbro morso da lei (aggiungiamoci pure Beyonce che tuona paurosamente durante le copulatio), non si può far altro che sprofondare senza possibilità di ritorno nelle più demenziali cinquanta sfumature di barbosità.

Giuseppe D’Errico

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