“Anita B.”, intenzioni lodevoli ma il dramma di Faenza resta esangue

Anita B. (Italia, 2013) di Roberto Faenza, con Eline Powell, Robert Sheehan, Antonio Cupo, Andrea Osvart, Moni Ovadia, Guenda Goria, Clive Riche, Jane Alexander, Nico Mirallegro, Carla de Girolamo

Sceneggiatura di Edith Bruck, Roberto Faenza, Nelo Risi, Iole Masucci, dal romanzo “Quanta stella c’è nel cielo” di Edith Bruck (ed. Garzanti)

Drammatico, 1h 28′, Good Films, in uscita il 16 gennaio 2014

Voto: 5 su 10

Non c’è motivo di dubitare dell’onesta intellettuale di Roberto Faenza, un regista la cui filmografia non è scarna di opere dal grande impegno storico e sociale. Nostalgico dei fasti di Jona che visse nella balena e Prendimi l’anima, nonché reduce da un pessimo adattamento letterario da Peter Cameron (Un giorno questo dolore ti sarà utile), Faenza ritorna sulla strada della memoria, affrontando, sono parole sue, “la vita dopo la morte” nel periodo immediatamente successivo alla Shoah.

27792921_anita-roberto-faenza-filma-il-coraggio-di-rinascere-dopo-inferno-di-auschwitz-3Il punto di vista adottato è quello di una ragazzina ebrea, la Anita del titolo interpretata da Eline Powell, scampata alla tragedia nazista e ad Auschwitz, che si ritrova ad abitare in un paesino della Cecoslovacchia a casa della zia Monika (Osvart), di suo marito Aron (Cupo) e del giovane fratello Eli (Robert Sheehan del serial Misfits). Tutti si ostinano a voler rimuovere dalla loro vita il dramma dello sterminio, ma Anita non riesce a dimenticare il passato e si ribellerà anche ad Eli, che crede di amare.

Come già detto, le intenzioni di Faenza e di tutto il progetto, sviluppato a partire dall’autobiografia di Edith Bruck “Quanta stella c’è nel cielo”, restano lodevolissime, e il messaggio sull’esercizio costante di una memoria storica è quanto mai necessario. Valutando però l’oggetto cinematografico, Anita B. resta fedele a una certa patina internazionale a cui il regista sembra ormai essersi abbonato, perdendo di vista lo spessore drammatico della vicenda, che resta esangue come una soap opera pomeridiana.

Giuseppe D’Errico

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