“Maria Maddalena”, un film di Garth Davis, la recensione

Maria Maddalena (Mary Magdalene, Usa, 2018) di Garth Davis con Rooney Mara, Joaquin Phoenix, Chiwetel Ejiofor, Tahar Rahim, Ariane Labed, Denis Ménochet, Tchéky Karyo, Hadas Yaron, Ryan Corr

Sceneggiatura di Helen Edmundson, Philippa Goslett

Drammatico/Biblico, 2h, Universal Pictures International Italy, in uscita il 15 marzo 2018

Voto: 4½ su 10

Fluttua Maria di Magdala nel lago di Tiberiade, come una foglia al vento viene strattonata, ripresa, capovolta, mentre ci ricorda che il regno dei cieli è come un seme, un minuscolo granello di senape che continua ad alimentarsi e a crescere. Così si apre Maria Maddalena, ennesino excursus cinematografico sulla figura della seguace di Cristo e sulla Passione, diretto senza particolare inventiva dal regista del sopravvalutato Lion – La strada verso casa, Garth Davis. L’intenzione principale del film è quella di allontanarsi il più possibile dalle interpretazioni di matrice medievale, in seguito accolte in ogni forma dell’arte (non ultima il cinema), che farebbero di Maria di Magdala una prostituta, e di restituirne il ruolo di discepola, secondo quanto testimoniato dai Vangeli. Chiarito l’equivoco, però, il film non va oltre una seriosa e petulante riproposta di vicende già ampiamente sviscerate sin dagli albori del muto.

54491La Maddalena viene subito proposta come donna impavida e anticonformista sebbene silente, quando non è con le altre a pescare il riva al lago, è intenta ad alleviare i dolori del parto alla cognata grazie alle sue non meglio precisate capacità medianiche. Maria, però, è mal vista dalla famiglia perché non vuole sposarsi, tanto che nottetempo quasi l’affogano, praticandole una sorta di esorcismo. Unica luce nel suo tormento è Gesù di Nazareth, il profeta guaritore che sta raccogliendo proseliti in tutta la regione; a lui si unirà in cammino, stregata dal suo verbo, verso Gerusalemme, scatenando la gelosia dell’apostolo Pietro che vede in lei la prediletta del Messia. Giuda, invece, è convinto che Gesù scaccerà gli oppressori romani, salvando l’umanità dalle tenebre della morte.

Rooney Mara è una Maria di Magdala perennemente attonita e piangente, Joaquin Phoenix un Cristo santone che riflette sul trespolo e si abbandona a deliri misticheggianti, l’afroamericano Chiwetel Ejiofor è un poco credibile Pietro dai rigurgiti shakespeariani, mentre Tahar Rahim interpreta Giuda facendone un povero illuso psicolabile. La sceneggiatura non è in grado di raccontare i personaggi, ritagliati in una monodimensionalità desolante, mentre il regista affida lo spettacolo alle suggestive location del nostro meridione e alla vuota enfasi delle scene di massa. Tra sguardi adoranti, turbamenti estatici, tuniche di lino ben stirate e inquietanti deliri para-malickiani, resta solo l’ennesimo bignamino della passione e morte di Nostro Signore, che spreca la possibilità di approfondire un punto di vista inedito su una delle figure più discusse delle Sacre Scritture.

Giuseppe D’Errico

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