La sedia della felicità (Italia, 2014) di Carlo Mazzacurati con Valerio Mastandrea, Isabella Ragonese, Giuseppe Battiston, Katia Ricciarelli, Antonio Albanese, Maria Paiato, Milena Vukotic, Fabrizio Bentivoglio, Silvio Orlando, Roberto Citran, Raul Cremona, Marco Marzocca, Mirco Artuso, Roberto Abbiati, Lucia Mascino, Natalino Balasso
Sceneggiatura di Carlo Mazzacurati, Doriana Leondeff, Marco Pettenello
Commedia, 1h 38′, 01 Distribution, in uscita il 24 aprile 2014
Voto: 7 su 10
A tre mesi dalla prematura scomparsa di Carlo Mazzacurati, esce in sala postumo l’ultimo film da lui diretto e già presentato durante l’ultima edizione del Torino Film Festival. La sedia della felicità è l’opera più dichiaratamente comica del sensibile autore padovano, e non sarà difficile, per chi ha dimestichezza col suo cinema, ritrovarvi ambienti e umori che da sempre hanno popolato la sua concezione narrativa.
Una commedia all’italiana pura, con personaggi tristemente ordinari travolti da eventi fortuitamente straordinari: avrebbe mai pensato la povera estetista Bruna (Ragonese) che, un giorno come tanti, avrebbe raccolto la preziosissima confessione di una nobildonna (Ricciarelli) detenuta in carcere che, in punto di morte, le rivela l’esistenza di un tesoro nascosto nell’imbottitura di una sedia nella villa di proprietà, proprio mentre le smalta le unghie per l’ultima volta? Evidentemente no, eppure la ragazza ne approfitta subito, data anche la precaria situazione economica, con l’aiuto di uno spiantato tatuatore, Dino (Mastandrea), suo dirimpettaio di bottega. Insieme si metteranno alla caccia delle sei sedie poste, tempo addietro, sotto sequestro dal Comune. Ma c’è anche un prete (Battiston) col vizio del gioco a stargli alle costole…
Scrittura lieve, situazioni surreali (la seduta spiritica con la veggente Vukotic è esilarante) e tanto divertimento che non infierisce mai sul profondo rispetto di Mazzacurati verso il suo microcosmo di perdenti, La sedia della felicità è il giusto congedo di un regista che, da sempre, è stato uno dei portavoce più fedeli della classe medio-bassa (per non dire indigente) italiana, costretta a barcamenarsi tra mille ostacoli per arrivare ad un meritato risultato. I toni ricordano ora Il toro, ora La lingua del santo, la struttura sgangherata è un lascito del precedente La passione. Ma raramente il suo cinema ha saputo incontrare una formula tanto felice tra ironia e ritratto di provincia (si parte da Jesolo per arrivare fin sulle Dolomiti). Tante le presenze attoriali di stima, da Albanese a Citran fino alla coppia di teleimbonitori d’arte Orlando-Bentivoglio in un pezzo da fuoriclasse, ma è fondamentale l’apporto di Valerio Mastandrea e Isabella Ragonese, interpreti simpatici e mai invadenti.
Giuseppe D’Errico
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