“Prima di andar via” di Filippo Gili, uno spettacolo di Francesco Frangipane, la recensione

PRIMA DI ANDAR VIA
di Filippo Gili

Con Giorgio Colangeli, Filippo Gili, Michela Martini, Barbara Ronchi, Aurora Peres
Musiche originali Roberto Angelini
Scenografia Francesco Ghisu
Luci Giuseppe Filipponio
Costumi Biancamaria Gervasio
Assistente alla regia Laura Fronzi
Foto Andrea Giansanti
Produzione Argot Studio
Regia Francesco Frangipane

In scena al Piccolo Eliseo dal 9 al 27 maggio

Voto: 6 su 10

Prima di andar via Francesco confessa il proprio dolore ai genitori e alle due sorelle, una sera, a cena. Poche parole lapidarie che falciano la normalità di una tranquilla famiglia borghese, ad annunciare una decisione irremovibile e dilaniante. Al disimpegnato chiacchiericcio che connotava la normalità di quell’assemblea ignara si sostituisce – immediatamente – un silenzio sordo, fiato mozzato e pensieri spezzati da una ferale verità pronunciata all’improvviso, senza alcun pietoso e inutile giro di parole. Come un colpo ricevuto alla bocca dello stomaco i commensali prendono ciascuno un tempo per tornare a respirare, provando a ragionare prima di aver qualcosa da dire per tentare di reagire, contrattaccare, provare a mutare una scelta che non può lasciarsi compiere, di lì a poche ore.

La metafora del combattimento trasforma l’interno familiare in uno spazio claustrofobico, ring all’interno del quale si muovono i personaggi, che continuamente si mettono all’angolo, rimanendo in scena, per riposare, per riprendere fiato, per razionalizzare i pensieri prima di attaccare l’uomo che per primo ha sferrato il colpo, colui la cui determinazione deve esser fatta venire meno: con l’affetto, con il ricatto, con abbracci penosi e disperati.

Il malessere che bagna il personaggio interpretato da Filippo Gili, a cui si deve anche la drammaturgia di questa pièce, contagia rappresentazione e platea: il suo Francesco è così vinto dalla vita da non avere in sé quel barlume di speranza che possa fornire un appiglio per il quale lottare, cosicché si assiste a questo dramma persuasi che il dimenarsi dei di lui congiunti sia vano sul nascere, inutile “spreco” di sentimenti che non riescono a sentirsi, e che di conseguenza smorzano, purtroppo, anche l’efficacia della tensione narrativa. Il dolore di vivere, oggetto della narrazione di questo lavoro teatrale, è un fulcro talmente accentrante da non lasciare il dovuto spazio alla caratterizzazione dei personaggi, così che rimane una figura appena abbozzata la madre interpretata da Michela Martini e non si valorizza a pieno nemmeno il gran talento di un Giorgio Colangeli capace, nonostante tutto, di dipingere la figura di un padre straziato con commovente credibilità.

Marco  Moraschinelli

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