“La Mite” di Fedor Dostoevskij, uno spettacolo di Raffaella Mattioli, la recensione

LA MITE

Liberamente tratto da “La Mite” di Fedor Dostoevskij

Adattamento di Raffaella Mattioli e Rossana Banti

con Leonardo Sbragia, Giorgia di Cristofalo

Musiche di Led Zeppelin – Maria Teresa Vera – Bach- Vivaldi- Radiohead – René Aubry – Alexandra Strelinsky

Scene e costumi – Giuseppe Miraudo, Luci – Chico de Maio

Regia e coreografie Raffaella Mattioli

Andato in scena all’Off/Off Theatre di Roma

Voto: 6 su 10

“La mite”, titolo del racconto che Fedor Dostoevskij terminò di scrivere nel 1876, è l’aggettivo che sostanzia la breve vita di una ragazza morta suicida; la storia della giovane, immaginata a partire da un fatto di cronaca realmente accaduto, è quella di un matrimonio-prigione dal quale quest’infelice fugge gettandosi dalla finestra del proprio appartamento.

Ripercorriamo l’esistenza della protagonista attraverso il racconto che di lei ne fa suo marito, un ex militare reinventatosi usurario: il loro incontro, la proposta di matrimonio, la convivenza e – nell’infelicità – il tragico epilogo.

La riduzione teatrale della novella dello scrittore russo, nella rappresentazione scenica all’Off Off Theatre di Roma, si sostanzia di contrapposizioni nette: lui versus lei, maschile e femminile, le incessanti parole e – al loro opposto – il potere evocativo della danza.

Leonardo Sbragia presenta, attraverso il suo inarrestabile raccontare, lo scenario e il contesto nel quale la vicenda si svolge, riportando il punto di vista di un uomo in balìa del dolore per la morte, appena avvenuta, della consorte: è fragile ed in preda a sentimenti contrastanti ma racconta con franchezza il virile gelo con il quale era solito trattare la moglie: addomesticarla alla sua idea del rapporto di coppia era il suo scopo, poco capiti e mal affrontati i tentativi di ribellione della compagna.

Giorgia di Cristofalo mai proferisce verbo quando compare sulla scena eppur si racconta attraverso i movimenti del suo corpo: le sue necessità, le sue rivolte interiori e il suo anelare qualcosa di differente dalla prigione che è diventata la sua esistenza e la sua vita coniugale; allo spettatore il compito di raccogliere e interpretare i suggestivi movimenti coreografati da Raffaella Mattioli, che cura anche la regia di questo spettacolo di mesta disperazione.

Questa messa in scena teatrale è un’onesta trasposizione del racconto di Dostoevskij, ma la pur originale idea di lasciare che la protagonista femminile possa raccontarsi solo attraverso l’arte coreutica, non basta a rendere questa rappresentazione particolarmente degna di nota e consegna alle scene uno spettacolo piacevole ma del tutto dimenticabile.

Marco Moraschinelli

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