“Il ritorno di Mary Poppins”, un film di Rob Marshall, la recensione

Il ritorno di Mary Poppins (Mary Poppins Returns, USA 2018) di Rob Marshall con Emily Blunt, Meryl Streep, Lin-Manuel Miranda, Ben Whishaw, Emily Mortimer, Colin Firth, Dick Van Dyke, Angela Lansbury, Julie Walters, Jeremy Swift 

Sceneggiatura di David Magee

Family/Fantasy, 2h 05′, prodotto e distribuito da Walt Disney, in uscita il 20 dicembre 2018 

Voto: 6 su 10

“Mary Poppins: praticamente perfetta sotto ogni aspetto”: è questa la frase che caratterizza la tata più famosa della storia del cinema e della letteratura e che ha fatto (e fa sognare ancora) sia grandi che piccini.
Ma se nel modo di recitare di Julie Andrews trapelava una sottile ironia che faceva sorridere lo spettatore, in quello di Emily Blunt si avverte un po’ troppa seriosità, che crea distacco con il personaggio, fino a renderlo quasi antipatico e respingente per i modi di atteggiarsi. È questa una delle note dolenti di questo sequel della Disney, arrivato dopo cinquant’anni dal capolavoro firmato Robert Stevenson.

locandina marySia una protagonista non del tutto azzeccata quindi, che una sceneggiatura che ha poche “stupendose” idee e molte riproposizioni non sempre restituite a dovere. L’emozione infatti fa fatica ad arrivare: l’ostacolo esterno di una casa pignorata è ben lungi dall’essere l’importante conflitto interno che viveva papà Banks nei confronti della propria famiglia. I numeri musicali non sempre sono inseriti drammaturgicamente nel racconto e spesso i pochi conflitti accennati vengono risolti con facile buonismo e superficialità.

Tuttavia, ne Il ritorno di Mary Poppins di Rob Marshall, sicuramente non manca una cura meticolosa a livello produttivo: ottime ricostruzioni, ottimi costumi, altrettanto bene la colonna sonora musicale (meno l’adattamento italiano che non trova la quadra metrico-ritmica nella traduzione dei testi musicali). Buona la partecipazione di Meryl Streep, sempre al top come interprete musicale.

mary 3Funzionano benissimo anche i camei di Dick Van Dyke, che con pochi passi di danza proclama la superiorità della vecchia scuola sulla nuova, asfaltando, di fatto, tutti gli interpreti di questo sequel, e quello della gloriosa Angela Lansbury, che fa diffondere in sala quell’effetto nostalgia disneyana a cui il pubblico dai trent’anni in su proprio non saprà resistere. Due assi giocati bene e furbescamente, che aggiustano il finale in zona cesarini, riuscendo a far digerire questa riproposizione in cui, nell’epoca del digitale, riponevamo molte speranze e che invece, ancora una volta, ci ricorda che non è grave la povertà dei mezzi quanto quella delle idee.

Andrea Ozza

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