
Il nemico invisibile (The Dying of the Light, Usa, 2015) di Paul Schrader con Nicolas Cage, Anton Yelchin, Alexander Karim, Irène Jacob
Sceneggiatura di Paul Schrader
Thriller, 1h 34′, Barter Multimedia, in uscita il 9 luglio 2015
Voto: 6 su 10
C’era una volta Nicolas Cage. Vincitore nel 1996 del premio Oscar come migliore attore protagonista per Via da Las Vegas e successivamente nominato nel 2003 per la sua interpretazione in Il Ladro di Orchidee, la sua carriera a corrente alternata sembra, con questo suo ultimo Il nemico invisibile, ormai arenata sul viale del tramonto.
Appesantito nello sguardo e nei movimenti, pare non fare alcuno sforzo nel calarsi nei panni di Evan Lake, un malconcio veterano della CIA tormentato dai fantasmi del proprio passato, dal quale la stessa organizzazione cerca di prendere le distanze, imponendogli un pensionamento anticipato. Affetto da una malattia degenerativa allo stadio terminale, Lake ha trascorso gli ultimi vent’anni a dare la caccia ad uno spietato terrorista Muhammad Banir (Alexander Karim), ufficialmente dichiarato morto in seguito ad un intervento delle Forze Speciali americane. Ossessionato dall’eventualità che Banir sia ancora in vita, Lake cerca disperatamente la possibilità di una resa dei conti finale che gli consenta di ritrovarsi faccia a faccia con il jihadista che, vent’anni prima, lo ha catturato e torturato provocandogli lesioni cerebrali irreversibili, che hanno avuto come conseguenza la demenza frontotemporale di cui ora soffre. E quando il giovane collega Milton Schultz (Anton Yelchin) gli mostra le prove inconfutabili della presenza di Banir in Kenya, Lake inizia la sua personale caccia all’uomo. Un doppio conto alla rovescia, dal momento che anche il suo storico nemico si scopre essere un malato terminale.
Tecnicamente perfetto, tanto da ricordare, anche per il tema trattato, la pluripremiata serie televisiva Homeland, Il nemico invisibile risulta altrettanto tecnicamente freddo ed incapace di suscitare una qualsivoglia emozione, che sia essa positiva o negativa, dimostrando così un’anima totalmente asettica. L’unico sussulto viene regalato, involontariamente, dai circa cinque minuti durante i quali Cage recita indossando un colbacco evidentemente di una misura sbagliata. Per il resto, il film lascia del tutto indifferenti.
Peccato. Le aspettative per questa pellicola erano alte, dal momento che è stata scritta e diretta da Paul Schrader, sceneggiatore di Taxi Driver e co-sceneggiatore di Toro Scatenato nonché regista di American Gigolo e Affliction, solo per citare alcune delle sue opere. E l’impressione non risulta essere sbagliata: Schrader, infatti, ha pubblicamente preso le distanze dal risultato finale, appoggiato dai due attori protagonisti e dal produttore esecutivo Nicolas Winding Refn, ritenendo che la manipolazione perpetrata attraverso il montaggio finale, abbia completamente stravolto la sua visione del progetto e le sue scelte di regia, tanto da cambiarne completamente il senso e dar vita ad un finale davvero incongruente. Da evidenziare, tuttavia, l’ottima prova data dal giovane Yelchin (Into the Darkness – Star Trek), ancora più evidente quando si confronta sulla scena con Cage, e l’imponente colonna sonora composta dal tedesco Frederik Wiedmann. Purtroppo, però, in questo caso l’eterna lotta tra l’Idea dell’artista e l’obiettivo puramente commerciale perseguito da alcuni produttori poco illuminati, ha un esito amaro.
Lidia Cascavilla
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