“Il condominio dei cuori infranti”, attese e magie nell’astratto film di Benchetrit

Il condominio dei cuori infranti (Asphalte, Francia, 2015) di Samuel Benchetrit con Isabelle Huppert, Michael Pitt, Valeria Bruni Tedeschi, Gustave Kervern, Tassadit Mandi

Sceneggiatura di Samuel Benchetrit, Gabor Rassov

Commedia, 1h 40′, Cinema di Valerio De Paolis, in uscita il 24 marzo 2016

Voto: 5½ su 10

Frutto probabilmente di un’ingegnosa operazione di marketing, il nuovo lungometraggio di Samuel Benchetrit viene distribuito in Italia con il disorientante titolo Il condominio dei cuori infranti, dal significato decisamente più accattivante rispetto al prosaico Asphalte, come in originale, nel tentativo, forse, di evocare la celebre Heartbreak Hotel di Elvis Presley, con la speranza di cavalcare l’onda emotiva del ricordo. Tuttavia, di trascinante ed esaltante questa pellicola ha ben poco. Eppure, iniziata la proiezione e chiarito l’equivoco, il film incuriosisce per il fascino discreto dell’attesa (che la trama si palesi), dei lunghi silenzi e dei dialoghi delicati.

locandina-e1458728658278Autore anche della sceneggiatura, scritta in collaborazione con Gabor Rassov, il regista rivisita sullo schermo due dei racconti che compongono l’autobiografia Les Chroniques de l’Asphalte, pubblicata nel 2005, dove ricordava la sua non proprio rosea adolescenza nella periferia francese. Questa volta, però, sceglie di ammorbidire le sue memorie, mettendo in rilievo il sentimento di solidarietà e il bisogno di vicinanza che diventano esigenza quando le solitudini si incontrano e si dà un senso ai propri giorni nell’aiutare l’altro.

Presentato Fuori Concorso all’ultimo Festival di Cannes, il condominio, semi abbandonato e fatiscente in un desolato quartiere della banlieue, diventa luogo ideale per testimoniare tre storie di cadute e rinascite. L’astronauta americano John McKenzie (Michael Pitt) piombato dalla luna sul terrazzo del palazzo e affettuosamente assistito dalla dolce signora Hamida (Tassadit Mandi); l’introverso Stemkowitz (Gustave Kervern) che scende dalla sedia a rotelle per raggiungere, cercando disperatamente di camminare, la donna che ama (Valeria Bruni Tedeschi) e che grazie a lui sta riscoprendo il sapore per la vita, e il giovane Charly (Jules Benchetrit), abbandonato a se stesso da una madre assente, che aiuta l’attrice Jeanne (Isabelle Huppert), ormai sul viale del tramonto, a reagire alla depressione in cui è sprofondata.

Le tre vicende non si incroceranno mai, legate tra loro soltanto da un rumore sinistro che, di tanto in tanto, cattura la loro attenzione. Un suono a cui ognuno dei protagonisti attribuisce un significato diverso e fantasioso e che scandisce le loro giornate. A noi spettatori ne verrà svelata la deludente origine, legata alla semplice incuria del quotidiano, ma è indicativo di come anche nei contesti più avvilenti, l’istinto di sopravvivenza spinga a desiderare o sognare che qualcosa di straordinario accada, e non può non accadere. Un modo per dare una pennellata di magico anche dove il magico non c’è. Come quei fiori che ostinati e fieri, sbocciano anche dal più grigio Asphalte.

Lidia Cascavilla            

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