“Don Giovanni”, il fascinoso che “nulla sa gradir”

Titolo: Don Giovanni
Libretto di Lorenzo Da Ponte
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Con Simone Alberghihi (Don Giovanni 30/4; 28/5 in alternanza con Alessio Arduini 4/5 e Markus Verba 10,14,17,21,24/5), Carmela Remigio (Donna Anna 30/4; 4,10,14,17/5 in alternanza con Maria Bangtsson 21,24,28/5), Marlin Miller (Don Ottavio), Abramo Rosalen (Il Commendatore), Maria Pia Piscitelli (Donna Elvira), Nicola Ulivieri (Leporello), William Corro’ (Masetto), Caterina Di Tonno (Zerlina).
Maestro concertatore e direttore Antonello Manacorda.
Regia Damiano Michieletto
Scene Paolo Fantin
Costumi Carla Teti
Light designer Fabio Barettin
Orschestra e Coro del Teatro La Fenice
Maestro del coro Claudio Marino Moretti
Maestro al cembalo Roberta Ferrari
Gran Teatro La Fenice di Venezia
Repliche dal 30 aprile al 28 maggio 2013

 Voto: 8 su 10

Uomini, impostori, belli e sfrontati che troppo spesso si trasformano in traditori impuniti. Amanti della lussuria, terribilmente carismatici.  Arrivano di sera, si intrufolano in qualche festa e si burlano delle donne, promettendo amore eterno, che, il più delle volte non giunge all’alba.

Tutti, compreso il cuore delle malcapitate, sanno che sono dei mascalzoni, ma il loro magnetismo, cattura e questo li rende ancora più irresistibili.

Di questi uomini, purtroppo, è pieno il mondo. Una storia vecchia, ma sempre attuale. Sara’ forse questa la fortuna di Don Giovanni? Lui, libertino seicentesco nato dal genio di Mozart, il cui Giusto Castigo (la morte) sazia gli animi di donne – usate – e di uomini – traditi.

Forse si. In effetti quando cade a terra stremato, si prova una certa soddisfazione. Don Giovanni rappresenta uno di quei rari casi dove il protagonista, seppur carismatico, risulta antipatico. Cinico, totalmente privo di scrupoli, Don Giovanni rappresenta l’uomo da punire.

Un’opera, quindi, decisamente attuale, dove non si fa caso all’ambientazione seicentesca, ai costumi e alle scene. E’ sempre e comunque il tema quello che colpisce. La storia si ripete, dunque, nella lettura modernizzata fatta da Damiano Michieletto. Una scena priva di luci naturali, quella realizzata da Paolo Fantin, dove gli ambienti cambiano a rotazione continua. Unico segno di dinamismo, in una narrazione piatta; spettacolo e spettatori intrappolati in un limbo senza via di fuga. Tutti imprigionati e catturati, sotto il volere di Don Giovanni.

Come se egli, pur assente fisicamente nella scena, fosse costantemente presente nelle menti degli altri personaggi, Donna Anna, Donna Elvira, Zerlina; ma anche Don Ottavio, Masetto e lo stesso servitore Leporello.

Ma per l’uomo che “nulla sa gradir” sta per arrivare la giusta punizione; il Commendatore – aspetto soprannaturale dell’opera – risorge per ucciderlo. Don Giovanni, vinto a terra, scompare fra fumo e rovine.

“Questo e’ il fin di chi fa mal”.

Angela Di Giacomantonio

One Response to “Don Giovanni”, il fascinoso che “nulla sa gradir”

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