Argo (id, Usa, 2012) di Ben Affleck con Ben Affleck, Bryan Cranston, Alan Arkin, John Goodman, Kyle Chandler, Chris Messina, Clea DuVall, Victor Garber, Tate Donovan, Kerry Bishé, Rory Cochrane, Scott McNairy, Bob Gunton
Sceneggiatura di Chris Terrio, dal libro “The Master of Disguise: My Secret Life in the CIA” di Antonio J. Mendez e dall’articolo “The Great Escape” di Joshuah Bearman
Spionaggio, 2h, Warner Bros Pictures Italia, in uscita l’8 novembre 2012
Voto: 7 su 10
Piccoli autori crescono. Sbertucciato senza pietà ad ogni sua interpretazione (nonostante una Coppa Volpi agguantata a Venezia per il pregevole Hollywoodland di Allen Coulter), da qualche anno Ben Affleck si sta prendendo la sua giusta rivincita come regista di notevolissimi film di genere.
Dopo la cupa disperazione dei precedenti Gone baby gone e The town, ambientati nella natia Boston, adesso l’ex golden boy dall’espressione un po’ così sfoggia un escape movie ultraclassico che farà la gioia di tutti i nostalgici dell’intrigo internazionale in stile Pollack (I tre giorni del Condor) e Pakula (Tutti gli uomini del presidente), senza dimenticare l’eterno Casablanca.
Iran, 4 novembre 1979: un gruppo di militanti assalta l’ambasciata americana a Theran, nel pieno della rivoluzione civile dell’ayatollah Khomeini, prendendo in ostaggio 52 persone, ma lasciandosene sfuggire 6 che troveranno rifugio segreto in casa dell’ambasciatore canadese. Il governo statunitense, allora, incarica l’agente CIA specializzato in recuperi Tony Mendez (Affleck), di organizzare un piano di liberazione che si tradurrà in un’impresa forse improbabile: far passare i diplomatici americani per membri di una troupe cinematografica canadese, in visita in Iran per cercare le giuste location per il fantomatico film di fantascienza Argo.
Una storia incredibile ma vera, rimasta “segreto di stato” fino al 1997 e basata sul libro di memorie dello stesso Mendez, il film di Affleck è un’appassionante epopea spionistica che, ancor prima di interessarsi all’impianto puramente spettacolare dell’assunto, non sottovaluta la potenza di un racconto singolare e squisitamente cinefilo.
Argo, infatti, non celebra solo la genialità dell’intelligence americana ma soprattutto la magia e l’illusione del cinema, attraverso un film nel film reso credibile nonostante la sgangherata squadra di produttori (Alan Arkin e John Goodman, fantastici) chiamati a metterlo in piedi, seppur per finta.
Una sceneggiatura calibrata tra suspense e ironia riesce a mantenere vivo l’interesse fino a un finale ovvio ma assai incisivo per il modo in cui smista gli elementi a disposizione in vista di una fuga al cardiopalma.
Affleck, con barba e capelli piastrati alla Redford, sogna il thriller civile degli anni ’70 e, sebbene il film possa apparire ingabbiato in una tradizione ormai nota, dimostra un gusto cinematografico e una passione per l’esposizione (visiva e narrativa) difficili da rintracciare nell’odierno panorama del genere, sempre più desolante.
Giuseppe D’Errico
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