“Le due vie del destino”, melò accademico sugli orrori della guerra

Le due vie del destino (The Railway Man, GB/ Australia, 2013) di Jonathan Teplitzky con Colin Firth, Nicole Kidman, Jeremy Irvine, Stellan Skarsgård, Sam Reid, Hiroyuki Sanada

Sceneggiatura di Frank Cottrell Boyce, Andy Paterson dal romanzo autobiografico omonimo di Eric Lomax (ed. Vallardi)

Drammatico, 1h 56′, Koch Media, in uscita l’11 settembre 2014

Voto: 5 su 10

Ci sono film che, sebbene partano da importanti premesse spettacolari, si arenano poi in una distratta e sonnolenta fruizione casalinga. Le due vie del destino del regista australiano Jonathan Teplitzky è uno di questi. Il compromesso, in questo caso, è la trasposizione dell’autobiografia di Eric Lomax, reduce di guerra e prigioniero dei giapponesi a Singapore durante lo scontro con le truppe inglesi nel 1942, nonché tra la manovalanza alla costruzione della celeberrima linea ferroviaria che avrebbe dovuto unire la Thailandia con la Birmania. 

LE-DUE-VIE-DEL-DESTINO-una-denuncia-esplicita-allinutilità-della-guerraLa vicenda storica, epica e terribile (persero la vita centinaia di detenuti), era già stata raccontata eccezionalmente da David Lean nell’indimenticabile Il ponte sul fiume Kwai. La componente privata di cui si avvale questa nuova versione è affidata a due attori di onorata levatura come Colin Firth e Nicole Kidman: lui è il laconico e tormentato Lomax, prigioniero di un passato di sangue e orrore, lei è la donna amata che lo condurrà dalla strada della vendetta a quella del perdono.

Il film vorrebbe essere un omaggio al grande cinema d’intrattenimento del passato, quello per cui si faceva la fila in strada e che portava i botteghini a staccare biglietti a getto ininterrotto. Individuato il riferimento in David Lean, il regista lo ricorda anche nel versante sentimentale della storia, citando l’inarrivabile Breve incontro quando i due protagonisti fanno per la prima volta conoscenza all’interno della cabina di un treno. La confezione è impeccabile e le intenzioni nobili, manca il mordente a rendere interessante un copione assai scontato su tutti i livelli di lettura, sia nelle dinamiche psicologiche, sia in quelle di coppia, sia in quelle traumatiche della memoria storica. Rimane un polpettone melodrammatico di gelida accademia, anonimo e ben poco emozionante.

Giuseppe D’Errico

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