“Una specie di Alaska”: Binasco e Bertelà, connubio vincente

UNA SPECIE DI ALASKA
di Harold Pinter
regia Valerio Binasco
con Sara Bertelà, Alessandro Accinni e Orietta Notari
allestimento scenico Nicolas Bovay
costumi Catia Castellani
Produzioni Nidodiragno
foto di Manuela Giusto
Fino al 26 ottobre 2014 al Teatro dell’Orologio di Roma

Voto: 8½ su 10

Una convincente, sentita ed emozionante interpretazione, quella di Sara Bertelà, diretta dal bravo Valerio Binasco, in Una specie di Alaska di Harold Pinter, atto unico struggente nella sua semplicità drammaturgica.
Il conflitto è chiaro, efficace, di forte appiglio: Deborah, una ragazza di sedici anni, cade vittima di una malattia, l’ encephalitis lethargica, meglio conosciuta come “la malattia del sonno”, molto diffusa ai primi del novecento. Rimane in coma per ben 29 anni, accudita con amore dai famigliari e, in particolare, dalla sorella Pauline (qui interpretata dalla sempre empatica Orietta Notari). Al suo risveglio Deborah è ancora quella ragazzina, imprigionata, però, nel corpo di un’adulta. Ecco che il dramma prende forma, si propaga nell’aria e avvolge lo spettatore, che si diverte, in un primo momento, a1 specie cogliere le smanie sessuali, le osservazioni ingenue e spesso anche sfrontate della “piccola” Deborah, per poi, piano piano, iniziare a comprendere quanto sia stata ingiusta e cattiva la vita con lei. La malattia le ha negato il tempo della crescita, il tempo della maturazione intellettuale, il tempo degli affetti.
Sara Bertelà lavora magnificamente con voce e corpo per restituire con micro-gesti, micro-intonazioni, l’essere bambina della sua Deborah: ci riesce sin da subito e aiuta tutto l’uditorio a sintonizzarsi pienamente con la storia. La regia di Binasco si minimizza, quasi si nasconde dietro al talento dei suoi interpreti ed è proprio questa la sua forza: arriva dritta al punto, restituisce la pièce in tutte le sue sfumature, che spaziano dalla commedia al dramma, senza soluzione di continuità. Un allestimento che vi consigliamo di vedere, se non altro per apprezzare pienamente la buona recitazione teatrale.

Andrea Ozza

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