“Ricordo Chet Baker insonne che suonava il piano nella hall”: incontro con Fulvio Tomaino

Fulvio Tomaino è considerato uno dei migliori cantanti di Black Music in Europa. Dopo aver raccolto numerosi riconoscinenti in tutta la sua carriera, torna in scena il 15 febbraio 2018 in un concerto evento all’Auditorium PDM di Roma. Nel 2017 fonda la “Fulvio Tomaino Band” che ripropone i classici della black music dando vita ad uno show unico grazie alla sua formazione costituita da eccellenti musicisti. Lo abbiamo incontrato a Roma nel suo quartier generale a San Giovanni e ci ha concesso questa intervista esclusiva.

Fulvio, nel panorama musicale romano ed italiano, sei una voce molto originale che spazia dal blues fino all’ r’&’b, il funky… Ci racconti degli esordi?

Comincio a cantare all’età di 16 anni ed il mio interesse di rivolge da subito soprattutto per la black music. A 18 anni inizio gli studi di musica quando realizzo che la mia attività si svolgerà nel mondo della musica, nonostante provenga da una famiglia di albergatori noti a Roma. Mio padre aveva un albergo in via Giulia in un palazzo meravoglioso seicentesco. Ricordo da ragazzo che un Chet Baker insonne suonava il piano di notte nella hall. 

Quindi tanta gavetta, immagino, un iter sempre necessario a chi si approccia al mondo dell’arte.

Si, esattamente. Ho fatto molta gavetta tra pianobar, feste di paese e club: in particolare negli anni ’90, durante il periodo d’oro della musica live suonata nei club della capitale, tra cui il Big Mama, tuttora in attività.

Le esperienze televisive, invece, che ruolo hanno avuto in questa crescita professionale?

Molto importante! La televisione, ancorché di qualità, per un musicista è un passaggio formativo importante. Sono entrato nel circuito delle orchestre Rai come corista, attività che poi accantonayo nel 2010 (dopo qualche passaggio anche a Mediaset), per dedicarmi esclusivamente all’attività indipendente di musicista.

Solo musicista oppure hai affrontato anche altri ruoli in questo ambiente e con quali risultati? 

Questa domanda mi piace molto e mi pernette anche di parlare della didattica, argomento che da sempre mi è molto caro. Ho affiancato all’attività on stage, quelle di produttore, talent scout ed insegnante e nel 2007 ho inaugurato un mio franchising, la scuola La Voce, che attualmente conta ben 16 sedi in Italia e quasi 1600 allievi. Credo che in Italia ci siano molti giovani talenti di grande valore, ma mancano i supporti per valorizzarli e proporli in maniera adeguata, quindi la maggior parte finisce inevitabilmente in televisione, solo in televisione.

Fulvio, da musicista, produttore, editore e insegnante, qual è l’anello mancante nella filiera della musica? Cioè qual è la difficoltà maggiore che incontra un ragazzo che vuole fare musica oggi?

Oggi, realizzare un disco è il passaggio piu semplice, ma una volta realizzato i giovani artisti non sanno dove andare, per cui tutti vanno a finire in televisione con i talent per cercare di affermarsi. È la strada peggiore da seguire se si vuole vivere e lavorare come artisti. Si delega ad altri sistemi, cioè che invece dovrebbe essere compito di chi investe in un ragazzo, gli permettere di fornarsi e crescere come di esprimersi e, infine, di supportarlo.

Come organizzi la tua attività concertistica e nella tua lunga carriera avrai incontrato tanti artisti con cui hai anche collaborato immagino. Che ci puoi dire al riguardo?

La mia attività con le band è molto vivace, continuo a preferire i club e, in questo senso da tanti anni ormai, continua il sodalizio con il Big Mama a Roma (30 anni di attività), Fabric ad Amburgo, Ronnie Scott a Londra e Blue Note a Parigi. Nella mia carriera ha suonato con molti giganti della musica italiana come Roberto Ciotti, Marco Rinalduzzi ed altri.

Cosa ascolti quando non lavori, che rapporto hai instaurato con la Musica intesa più comunemente come colonna sonora di una vita?

Mi piace ascoltare di tutto, perché in ogni genere, come sosteneva Ellington, c’è l’espressione di un linguaggio diverso. Ovviamente il requisito della qualità ma non banalità sono di fondamentale importamza. Ascolto anche hip hop, rap, prog… di tutto. Trovo, ad esempio, Caparezza un ideologo, un autentico osservatore del nostro tempo che riesce, attraverso le sue fitte e geniali rime, a descrivere la società complessa e frammentata in cui siamo immersi.

Il 15 febbraio che succede all’Auditorium Parco della Musica di Roma?

Spero una grande festa per me e il mio pubblico. Suonerò con una band di musicisti importanti, completata da 4 coristi di primo piano. Il repertorio spazierà nella black music soul anni ’80, fino ad oggi un po’ sottovalutata. Mi avvalgo di una band eccellente, musicisti ed amici con cui nel tempo abbiamo sviluppato un ottimo interplay. Si tratta, oltre al sottoscritto, di Luca Casagrande alla chitarra, Aidan Zammit al piano e tastiere, Francesco Puglisi al basso, Carlo Micheli al sassofono, Maxx Forlan alla batteria, ai cori Frances Ascione, Nicola Gargaglia, Simona Farris e Sunny Terranova.

Se guardi un po’ più in là, progetti per il futuro?

Nei progetti futuri c’è l’intenzione di ampliare il repertorio ed inserire guest sempre nuovi. Ci sono già due collaborazioni avviate: con Roberto Gatto e con Angela Baraldi.

Ringraziamo Fulvio Tomaino per questa intervista esclusiva e invitiamo i nostri lettori a partecipare a questa grande festa di Musica del 15 febbraio all’Auditorium di Roma.

Vincenzo La Gioia

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