Titolo: Ricorda con rabbia (Look back in anger)
di: John Osborne
regia di: Luciano Melchionna
con: Stefania Rocca, Daniele Russo, Sylvia De Fanti e Marco Mario De Notaris
traduzione e adattamento di: Luciano Melchionna e Gabriella Schina
al Teatro Ambra Jovinelli di Roma fino al 14 aprile 2013
Voto Ozza: 6 su 10
Voto D’Errico: 6½ su 10
Che strano effetto fa vedere un dramma teatrale scritto nel 1956 ma che, in realtà, sembra dare voce ai pensieri e al malcontento sociale di oggi. Melchionna semina pochi elementi scenografici per far capire la piena attualizzazione (un lettore cd, una lavatrice moderna) il resto rimane davvero tutto uguale. Ciò che tormenta il protagonista Jimmy è esattamente quello che fa star male noi giovani: disoccupazione, rinnegazione della generazione che ci ha cresciuto, pieno distacco dalla politica, dubbi sulla religione, crisi di valori e crisi di presenza.
Giusta quindi l’idea di inscenarlo ora, in questo momento storico difficilissimo e che non sa più dove guardare: se voltarsi indietro e lasciarsi annegare nella malinconia o concentrarsi su un futuro prossimo, talmente vicino che sembra coincidere con la nera realtà del quotidiano. Lo spettacolo va visto anche per riflettere sulla generazione dei trentenni: sono/siamo davvero così arrabbiati come lo era il Jimmy di Osborne nel 1956? Forse no, forse sono/siamo troppo tolleranti, accettiamo un po’ troppo passivamente l’inaccettabile, rimaniamo seduti in attesa di chissà quale big bang economico/valoriale che ponga fine ad un era buia, come se le cose potessero aggiustarsi da sole, senza sforzo creativo, senza contributo valoriale.
Il pregio dello spettacolo però finisce qui. Purtroppo la messa in scena risente di una mancata messa a punto dei personaggi, dovuta, principalmente, a una scarsa qualità della recitazione. In particolare il Jimmy di Melchionna, interpretato da Daniele Russo, è piatto, monocorde, decisamente troppo urlato come se la rabbia non fosse già contenuta nei modi di pensare, agire e parlare del personaggio stesso. Superficiale anche la direzione del resto del cast, eccetto che per Stefania Rocca che, soprattutto nel finale, regala, alla platea, una sentita e convincente Alison. La regia doveva lavorare molto di più sulla lettura del testo, nel delicato compito di trasmettere al pubblico questa “Rabbia” senza scadere nel banale chiasso, nella mera pipinara, che dopo pochi minuti dall’inizio crea subito distacco, fa calare la freddezza e rende pesanti le due ore e un quarto di spettacolo.
Andrea Ozza
Luciano Melchionna è un regista che si assume il peso del rischio. Scegliere di portare il scena il manifesto del malcontento generazionale di John Osborne Ricorda con rabbia (1956) proprio in questo momento di stallo e crisi sociale e civile, può e deve essere un monito sulla ciclicità storica degli eventi. Più attuale che mai, la piéce del drammaturgo inglese, tradotta per il grande schermo da Tony Richardson nel 1958, trova nella rappresentazione di Melchionna una via di fuga limitata e distante.
L’alienante scenografia ‘industrializzata’ tra catene di frigoriferi, tinelli e lavatrici è giustamente ossessiva, e l’idea di sospenderla a mezz’aria, come a suggerire una precarietà di equilibri destinati a precipitare, rende merito all’inventiva del regista.
Resta inespresso il dolore dei personaggi e di tutta la meglio gioventù di delusi e sognatori, reclusi nel loro comune disprezzo per una società scattante e immobile. La rabbia di Jimmy è affannosa e urlata, conati di ira troppo lontani da un’interiorità dilaniata di contraddizioni. Ma se la banalizzazione del protagonista maschile delude, non si può dire lo stesso per la Alison interpretata da una magnifica Stefania Rocca, maschera autentica di disagio in ogni sua forma, in grado di reggere da sola tutta la sofferenza e la protesta dell’opera, trasfigurandola in un memorabile delirio d’amore.
Giuseppe D’Errico
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