“Mr. Ward a colazione”, una riflessione intima che non lascia scampo

MR. WARD A COLAZIONE
Come la volpe presa nella tagliola
di Riccardo Castagnari
con Riccardo Castagnari e Igor Petrotto
Regia di Riccardo Castagnari
Assistente alla regia Adriana Elben
Coreografia Eduardo Moyano
Disegno luci Marco Zara
Regia video Rita Rocca
Una produzione Tavole da Palcoscenico

In scena al Teatro Belli di Roma fino al 19 ottobre

Voto: 7 su 10

Un principio che parte da una fine, il principio di un’analisi profonda e crudele, la fine di un’amore decennale. La scena è un non-luogo della psiche, un antro di ricordi in cui prendono posto frammenti di un discorso amoroso legati con il filo rosso della solitudine. Per certi versi è uno spettacolo spiazzante Mr. Ward a colazione, certamente non per la sua peculiarità omosessuale quanto più per la criticità con cui guarda alla relazione di coppia nel momento in cui la storia arriva al capolinea.

10718983_10205213934252512_423402418_nDalla letteratura al cinema passando per il teatro, lo sguardo mentale a ritroso nel proprio vissuto è sempre stato un presupposto narrativo di rarefatta complicità nei confronti dello spettatore; quando il patto si riesce a stringere, l’effetto è disarmante. Ci è riuscito Riccardo Castagnari, già memorabile Quince per lo spettacolo Marlene D., che scrive, dirige e interpreta un dramma degli affetti tra un lui cinquantenne (lo stesso Castagnari) che viene lasciato dal suo lui trentenne (Igor Petrotto). La nuova quotidianità di malumore, noia e rancore sottaciuto, introdotto da un prologo con video proiezione di grande effetto, lascia subito il posto alla (de)costruzione di un amore attraverso cinque capitoli principali in cui vengono passate in esame le fasi e, soprattutto, le spie d’allarme di un legame meraviglioso e labile.

L’uomo solo di isherwoodiana memoria che rimembra ancora quel tempo della vita mortale, che stigmatizza ogni debolezza del partner, che passa in rassegna ogni anfratto della passione e del dolore, è una figura con la quale è difficile non entrare in sintonia, ancor di più se la concessione privata della storia si presta così bene alla credibilità. Un personaggio descritto in tutta la sua dignità di uomo che sapeva e voleva amare, contrapposto all’entusiasmo caduco di chi, giovane e bello, non rinnega il passato ma rifiuta di accontentarsi del proverbiale calesse: Petrotto, in questo, regala gesti di autentica verità.

L’espiazione passa, così, attraverso un flusso di coscienza dilaniante e ironico, commovente e arguto, contrappuntato dagli interventi eruditi dell’uomo maturo che cita Alfred de Musset e le vecchie dive, e dall’idealizzazione maschile del ragazzo che vede il Tony Ward, il modello immortalato da Herb Ritts in alcuni celebri scatti negli anni Novanta, un’icona di virilità. Le posizioni sulla differenza d’eta sono solo meteore in un più vasto ragionamento sui limiti di un sentimento che da genuino diventa sempre più totalizzante e annientatore, fino alla rottura.

Castagnari, interprete sensibile, mette insieme una drammaturgia raffinata, coraggiosa nel reiterare pleonasticamente quel congresso di colpe e responsabilità negate che minano il desiderio e azzerano la reciproca fiducia, e la incastra in un apparato video che amplifica i gesti sul palco e chiarisce certi tributi quasi fossero delle note a piè di pagina. Lo spazio scenico rigorosamente bianco, con solo un letto e due cubi di supporto, completano la dimensione mentale di un racconto già terminato ma continuamente sul punto di essere riaffrontato.

C’è un momento, però, sulla via delle conclusioni, che tradisce una certa artificiosità, e che porta a mal sopportare un epilogo inutilmente eclatante, quando prima la narrazione era riuscita con così sobria eleganza a insinuarsi sotto pelle, regalando momenti di enorme empatia. Questo è l’unico vero punto a sfavore di una rappresentazione davvero originale per come riesce a raggirare i luoghi comuni del tema trattato e per le modalità che adopera; altri microscopici difetti (qualche plasticità da limare nelle movenze, una maggiore secchezza nell’umorismo) verranno certamente appianati dal rodaggio di uno spettacolo che è ancora in assoluta prima nazionale. Un’occasione di riflessione intima che non lascia scampo.

Giuseppe D’Errico
twitter@GiuseppeFinch

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