
L’ultima ruota del carro (Italia, 2013) di Giovanni Veronesi, con Elio Germano, Alessandra Mastronardi, Ricky Memphis, Alessandro Haber, Sergio Rubini, Virginia Raffaele, Ubaldo Pantani, Frandesca d’Aloja, Dalila Di Lazzaro, Maurizio Battista, Elena Di Cioccio, Anna Ferruzzo, Massimo Wertmuller, Francesca Antonelli, Matilda Anna Ingrid Lutz
Sceneggiatura di Giovanni Veronesi, Ugo Chiti, Filippo Bologna, Ernesto Fioretti
Commedia, 1h 54′, Warner Bros Pictures Italia, in uscita il 14 novembre 2013
Voto: 6½ su 10
VIII Festival Internazionale del Film di Roma – Fuori Concorso
Anche Giovanni Veronesi si misura con la commedia all’italiana, quella gloriosa dei vari Scola, Risi e Monicelli e non quella anestetizzata, tutta manuali d’amore e panettoni a cui da tempo il regista toscano ci aveva abituati. Il risultato è probabilmente il suo miglior film ad oggi, ma nulla che si discosti da una sicura medietà. Per dirla fuori dai denti: il cinema italiano fa sempre lo stesso film. Prendi l’oggetto della narrazione e raccontalo dall’infanzia fino a oggi, in un percorso nostalgico che ripercorra almeno cinquant’anni di storia nazionale, tra lacrime e sorrisi. L’ha fatto Virzi (La prima cosa bella), l’ha da poco riproposto Luchetti (Anni felici).
Sulla stessa scia si inserisce L’ultima ruota del carro, la storia di Ernesto Marchetti (Germano), un uomo qualunque che incontriamo bambino a fine anni Sessanta, tiranneggiato dal padre (Wertmuller) fin dopo il matrimonio con la dolce Angelina (Mastronardi) nei Settanta e, via via, lavoratore infaticabile prima come cuoco in un asilo, poi come traslocatore con l’inseparabile amico Giacinto (Memphis), un trafficone che lo avvicina al socialismo. Nel mentre, l’amicizia speciale con un geniale pittore infelice (Haber), i rapporti con un losco imprenditore (Rubini) e il sospetto di un tumore. Ma Ernesto è sempre la stessa persona genuina di Borgo Pio.
Dall’assassinio di Aldo Moro allo scandalo di Tangentopoli, fino all’alba del berlusconismo e all’ultimo crollo finanziario, il film ripercorre le tappe dell’oblio italico attraverso la parabola esemplare di un piccolo grande uomo che il regista ha conosciuto per davvero quando ancora lavorava come autista, e per l’occasione prestato alla sceneggiatura (è Ernesto Fioretti). Gli ingredienti della commedia in stile C’eravamo tanto amati non mancano, si fatica a rivedere quella stessa passione, figlia di un urgenza culturale che Veronesi coglie solo in superficie.
Può contare sull’interpretazione splendida di Elio Germano, un vero asso nel passare in rassegna con estrema naturalezza tutta la gamma umana dall’ironico al tragico senza perdere mai l’aderenza al ruolo, e sull’intera squadra di attori in campo, dalla Mastronardi a un bravissimo Haber. Non può fare a meno di scontare la moralina finale, né rinuncia a qualche didascalismo di troppo. E, nella generale piacevolezza dell’insieme, si ritorna sempre allo stesso punto: che è un film carino senza alcun segno particolare che possa differenziarlo da troppe operazioni analoghe.
Giuseppe D’Errico
Salve, nel film “L’ultima ruota del carro “, da me molto apprezzato, non comprendo la sequenza relativa il referto medico di tumore al polmone diagnosticato all’interprete Enrico e successivamente smentito da un altro medico specialista, conoscente di Giacinto.
Cosa vuole trasmettere tale sequenza : la incompetenza del primo medico,solo un caso fortunato, o altro ?
Grazie Michele
Caro Michele, sarebbe una domanda da girare al regista e agli sceneggiatori del film. Anche io ho provato i suoi stessi dubbi riguardo a quel particolare frangente della storia: vorrà forse dire che i ricchi si possono permettere i medici migliori e i poveri, invece, devono accontentarsi di quelli acidi? Ma le perplessità rimangono… Grazie per essere intervenuto! Giuseppe D’Errico