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“Tutti i soldi del mondo”, un film di Ridley Scott, la recensione

Tutti i soldi del mondo (All the Money in the World, Usa, 2017) di Ridley Scott con Michelle Williams, Christopher Plummer, Mark Whalberg, Charlie Plummer, Romain Duris, Timothy Hutton, Marco Leonardi, Giuseppe Bonifati, Andrew Buchan, Guglielmo Favilla, Olivia Magnani, Francesca Inaudi, Nicolas Vaporidis, Giulio Base

Sceneggiatura di David Scarpa, dal romanzo omonimo di John Pearson (ed. HarperCollins Italia)

Drammatico, 2h 13′, Lucky Red, in uscita il 4 gennaio 2018

Voto: 5 su 10

È penoso doverlo ammettere, ma se Tutti i soldi del mondo, l’ultimo film di Ridley Scott sul rapimento di Paul Getty jr, verrà ricordato nel tempo, sarà solo per la scelta di regista e produzione di eliminare Kevin Spacey dalla lavorazione finale, a riprese ultimate e a poche settimane dall’uscita ufficiale, e di sostituirlo con il veterano Christopher Plummer, costretto agli straordinari pur di riuscire nell’impresa di rifare tutte le scene in sole due settimane. Una decisione senza precedenti nella storia del cinema, tanto ipocrita e odiosa quanto, forse, inevitabile, all’indomani delle martellanti accuse di molestie sessuali che hanno travolto il grande attore di American Beauty e che avrebbero potuto mettere in pericolo il riscontro di uno dei titoli più attesi della stagione. Proviamo a guardare il lato positivo di questa imbarazzante vicenda: almeno ci è stata risparmiata la visione di Spacey ricoperto da chili di ingrato make up nella parte dell’anziano magnate del petrolio, che in prima istanza negò ai rapitori la somma per il rilascio del nipote. Anzi, c’è da dire che la presenza sulfurea di Plummer nei panni del patriarca Getty è una delle poche cose che si salva in questo thriller fanta-biografico ad alto tasso di ridicolo involontario.

“La ruota delle meraviglie – Wonder Wheel”, un film di Woody Allen, la recensione

La ruota delle meraviglie – Wonder Wheel (Wonder Wheel, Usa, 2017) di Woody Allen con Kate Winslet, Justin Timberlake, James Belushi, Juno Temple, Max Casella, Jack Gore, David Krumholtz

Sceneggiatura di Woody Allen

Drammatico, 1h 41′, Lucky Red, in uscita il 13 dicembre 2017

Voto: 8 su 10

La quarantottesima regia di Woody Allen si apre su una inquadratura che lascia sinceramente ammaliati: un cielo nuvoloso tra squarci di sereno azzurrino sovrasta una spiaggia affollatissima, con uno sfondo di cartelloni pubblicitari, giostre e ottovolanti, e la panoramica ruota delle meraviglie a ergersi come una protagonista incontrastata. In questa straordinaria sequenza incipitaria c’è tutta la magia del cinema del grande autore newyorkese, qui alle prese con una delle sue più cupe riflessioni sul desiderio e sul bisogno di evadere da un’esistenza dominata dal caso, e tutto il suo amore per gli archetipi della natura umana tracciati nei capolavori teatrali di Tennessee Williams e Eugene O’Neill. In La ruota delle meraviglie, Allen trasporta il suo circo della vita a Coney Island e, ben sapendo di raccontare una storia universale e fuori dal tempo (complice la fotografia sognante e iperrealista di Vittorio Storaro), la ambienta negli anni Cinquanta, quando il luna park non esisteva già più dopo il terribile incendio che lo devastò nel 1946, in un meraviglioso corto circuito tra palco e realtà. 

“L’insulto”, un film di Ziad Doueiri, la recensione

L’insulto (L’insulte, Libano/Francia, 2017) di Ziad Doueiri con Adel Karam, Kamel El Basha, Camille Salameh, Carlos Chahine, Christine Choueiri, Diamand Abou Abboud, Julia Kassar, Rifaat Torbey, Rita Hayek, Talal El Jurdi

Sceneggiatura di Joelle Touma, Ziad Doueiri

Drammatico, 1h 53′, Lucky Red, in uscita il 6 dicembre 2017

Voto: 8 su 10

Parte da un episodio biografico relativo al regista Ziad Doueiri, già assistente di Quentin Tarantino, e della sua ex moglie, anche co-sceneggiatrice, la genesi creativa de L’insulto, il film franco-libanese presentato con grande successo all’ultima Mostra del Cinema di Venezia (Coppa Volpi per il protagonista Kamel El Basha) e in corsa per l’Oscar alla miglior opera in lingua straniera. Come egli stesso ha raccontato, tutto nasce da uno scambio di battute piuttosto pesante con un operaio palestinese, bagnato dall’acqua che Doueiri stava dando ai suoi cactus sul balcone: il primo gli ha dato del “pappone”, il regista ha replicato con “avrei preferito che Ariel Sharon vi avesse sterminati”. Fortunatamente, alle offese sono seguite anche le scuse immediate da ambo le parti; ma cosa sarebbe successo se la questione non fosse stata chiusa subito?

RomaFF12 – Selezione Ufficiale: “Borg McEnroe”, un film di Janus Metz Pedersen, la recensione

Borg McEnroe (id, Danimarca/Finlandia/Svezia, 2017) di Janus Metz Pedersen con Sverrir Gudnason, Shia LaBeouf, Stellan Skarsgård, Tuva Novotny, Ian Blackman, Robert Emms, Leo Borg, Markus Mossberg

Sceneggiatura di Ronnie Sandahl

Biografico, 1h 47′, Lucky Red, in uscita il 9 novembre 2017

Voto: 6½ su 10

Tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta, l’attenzione sul mondo del tennis venne catalizzata da una delle più celebri rivalità nella storia dello sport, quella tra il campione svedese Björn Borg e l’astro nascente americano John McEnroe, culminata in una ormai leggendaria finale al torneo di Wimbledon del 1980. Il film di Janus Metz Pedersen porta in scena quello scontro epico in un biopic dal taglio estremamente tradizionale, che parte dagli esordi dei due atleti per scandagliarne timori e rigidità, fino ad arrivare a un risultato che è storia, e chiudere il tutto con le didascalie d’ordinanza.

RomaFF12 – Selezione Ufficiale: “I, Tonya”, un film di Craig Gillespie, la recensione

I, Tonya (id, Usa, 2017) di Craig Gillespie con Margot Robbie, Allison Janney, Sebastian Stan, Julianne Nicholson, Paul Walter Hauser, McKenna Grace, Bobby Cannavale, Caitlin Carver, Jason Davis

Sceneggiatura di Steven Rogers

Biografico, 2h 01′, Lucky Red

Voto: 8 su 10

La vicenda che, nel 1994, coinvolse la pattinatrice Tonya Harding nell’aggressione alla rivale Nancy Kerrigan sarà per sempre ricordata come uno dei più grandi scandali nella storia dello sport internazionale. Ma chi era Tonya Harding? Un’atleta zotica, priva di educazione e di grazia, ma anche una giovane donna maltrattata negli affetti, costantemente messa alla prova sulle proprie capacità, senza che nessuno credesse in lei, a cominciare da se stessa. Almeno è questo il ritratto che ne viene fuori da I, Tonya, l’iperbolico biopic che le ha dedicato il regista Craig Gillespie (Lars e una ragazza tutta sua), sulla scorta di una formidabile sceneggiatura firmata da un esperto in melodrammi come Steven Rogers (NemicheAmiche, P.S. I love you), che ha riscritto la storia della sportiva più odiata d’America a partire da una serie di incredibili interviste rilasciate dai veri protagonisti.

“Una donna fantastica”, un film di Sebastián Lelio, la recensione

Una donna fantastica (Una mujer fantastica, Cile/Usa/Germania/Spagna, 2017) di Sebastián Lelio con Daniela Vega, Francisco Reyes, Luis Gnecco, Aline Kuppenheim, Nicolas Saavedra, Amparo Noguera, Alejandro Goic, Antonia Zegers

Sceneggiatura di Sebastián Lelio, Gonzalo Maza

Drammatico, 1h 44′, Lucky Red, in uscita il 19 ottobre 2017

Voto: 6 su 10

Il regista cileno Sebastián Lelio sembra non poter fare a meno di raccontare il bisogno di voce della donna di oggi. La sua è un urgenza che, mai come in questi giorni di scandalo, trova un favore necessario e una spinta a non mollare mai la presa. Nel 2013 ci raccontò, pur senza convincere, le scorribande sentimentali della non più giovane Gloria, nell’omonimo film che fruttò alla sua superba protagonista Paulina Garcia l’Orso d’Oro al Festival di Berlino; ora, con Una donna fantastica, è la volta di un altro personaggio difficile da dimenticare, la cui vicenda personale dovrebbe far riflettere sullo stato dell’accettazione di un’identità che va oltre il genere nella società contemporanea.

“Dove non ho mai abitato”, un film di Paolo Franchi, la recensione

Dove non ho mai abitato (Italia, 2017) di Paolo Franchi con Emmanuelle Devos, Fabrizio Gifuni, Giulio Brogi, Hippolyte Girardot, Isabella Briganti, Giulia Michelini, Valentina Cervi, Fausto Cabra, Jean-Pierre Lorit, Yorgo Voyagis, Naike Rivelli

Sceneggiatura di Paolo Franchi, Rinaldo Rocco, Daniela Ceselli

Drammatico, 1h 37′, Lucky Red, in uscita il 12 ottobre 2017

Voto: 6 su 10

A distanza di circa cinque anni dal suo, molto contestato, E la chiamano estate, Paolo Franchi torna con un radicale cambio di pelle, tale da diventare quasi irriconoscibile. Pur non avendo mai rinnegato quel film, che gli ha attirato contro gli strali della critica, il regista dimostra, tuttavia, di aver ben imparato la lezione, virando con il suo nuovo lungometraggio verso un docile mélo ispirato al cinema classico del passato. Augurandosi, presumibilmente, una personale riabilitazione incentrata sull’approvazione generale che, di certo, non tarderà ad arrivare.

“L’incredibile vita di Norman”, un film di Joseph Cedar, la recensione

L’incredibile vita di Norman (Norman: the Moderate Rise and Tragic Fall of a New York Fixer, Usa/Israele, 2016) di Joseph Cedar con Richard Gere, Lior Ashkenazi, Charlotte Gainsbourg, Steve Buscemi, Dan Stevens, Michael Sheen, Hank Hazaria, Ann Dowd, Harris Yulin, Josh Charles, Scott Shepherd

Sceneggiatura di Joseph Cedar

Commedia, 1h 58′, Lucky Red, in uscita il 28 settembre 2017

Voto: 5 su 10

Joseph Cedar è uno di quei nomi su cui puntare: nel 2007 vinse l’Orso d’Argento per la miglior regia a Berlino grazie al bellico Beaufort, mentre nel 2011 fece suo a Cannes il premio alla migliore sceneggiatura per la commedia drammatica Footnote; entrambi i lavori furono i candidati israeliani all’Oscar per il miglior film straniero. L’incredibile vita di Norman è il suo primo lungometraggio americano e può contare su una delle migliori interpretazioni di sempre da parte di un vecchio leone dello schermo come Richard Gere, recidivo, in tempi recenti, verso una tipologia di ruoli atti a distruggere certosinamente la sua proverbiale aura di fascino intramontabile. Forse, però, per Cedar il grande passo non si è compiuto.

#arenaestiva: “È solo la fine del mondo”, un film di Xavier Dolan, la recensione

È solo la fine del mondo (Juste la fin du monde, Canada/Francia, 2016) di Xavier Dolan con Gaspard Ulliel, Vincent Cassel, Nathalie Baye, Marion Cotillard, Léa Seydoux, Antoine Desrochers

Sceneggiatura di Xavier Dolan, dal dramma teatrale “Giusto la fine del mondo” di Jean-Luc Lagarce

Drammatico, 1h 35’, Lucky Red, in uscita il 7 dicembre 2016

Voto: 7½ su 10

Mantenere le redini di un angusto e fittissimo dramma da camera non è impresa facile. Se n’è cimentato l’enfant prodige della cinematografia canadese Xavier Dolan, lodatissimo autore ventisettenne che per il suo sesto film (ebbene sì) ha deciso di trasporre sul grande schermo la pièce teatrale “Juste la fin du monde” di Jean-Luc Lagarce, drammaturgo tra i più rappresentati in Francia e morto prematuramente di Aids nel ’95 a soli 38 anni. Materia particolarmente affine al regista québechese, che ha sempre indagato l’ambiente famigliare come antro spettrale di tutte le angosce dell’uomo contemporaneo, il film omonimo (in Italia, È solo la fine del mondo) resta fedele e rispettoso al testo d’origine, pur riflettendo tutto l’impeto rancoroso che dalla pagina trasfigura nelle immagini e nello stile saturo di Dolan.

“Elle”, un film di Paul Verhoeven, la recensione

Elle (id, Francia/Germania, 2016) di Paul Verhoeven con Isabelle Huppert, Laurent Lafitte, Anne Consigny, Charles Berling, Virginie Efira, Judith Magre, Christian Berkel, Jonas Bloquet

Sceneggiatura di David Birke, dal romanzo “Oh” di Philippe Djian

Drammatico, 2h 10′, Lucky Red, in uscita il 23 marzo 2017

Voto: 5 su 10

Se, per ipotesi, l’ideazione di un film fosse inserita nella rosa dei test psicologici proiettivi e, per tanto, il prodotto finale venisse analizzato da uno specialista e, poi, interpretato per giungere a conoscenza del soggetto che lo ha creato, il quadro delineante la personalità di Paul Verhoeven riserverebbe, probabilmente, delle sconcertanti sorprese. La sua ultima fatica Elle, infatti, induce a pensare che il girone infernale dantesco nel quale si viene trascinati, non sia soltanto il racconto di una storia, quanto piuttosto una personale e turbante concezione dell’essere umano e del suo malsano rapportarsi con ciò che lo circonda. O forse no. Forse il regista ha semplicemente intuito che edificare una moderna Gomorra, eliminando però le bibliche “dieci persone giuste”, avrebbe garantito alla pellicola clamore e risonanza mediatica. Nella sua, ormai, famigerata vocazione provocatoria e nel suo sbandierato disprezzo per una morale che definisce “borghese”, il cineasta olandese reinterpreta il controverso romanzo “Oh…” di Philippe Djian, rendendo ancora più contorto un testo già di per sé sufficientemente spinoso.