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“Ophelìa” di Giacomo Sette, uno spettacolo di Gianluca Merolli, la recensione

OPHELIA
da William Shakespeare
di Giacomo Sette

regia Gianluca Merolli
assistente alla regia Romina Zadi
con Giulia Fiume, Federico Le Pera, Gaia Benassi
con la partecipazione straordinaria di Giuliano Peparini
musiche composte ed eseguite da Fabio Antonelli
video Marco Arbau
scene Alessandro Di Cola
props Riccardo Morucci
costumi 1981
costumista  Domitilla Giuliano
luci Paolo Vitale
foto di scena Studio Le Pera
produzione Andrea Schiavo | H501 srl
direttore di produzione Pino Le Pera
assistente di produzione Sara Silvetti

Teatro dell’Orologio di Roma/Teatro India di Roma

Voto: 6 su 10

Benvenuti nella folle mente di Ophelìa, che – come noto – si concede ad un liquido abbraccio di morte, come copione shakespeariano insegna. Anzi no: ascoltiamo la lucida lettura degli eventi attraverso il cinico racconto di una sensualissima Gertrude, tubino aderente e scollo generoso in grandissima evidenza. Bisogna però prestare attenzione anche al disincantato punto di vista del giovane Fortebraccio, che declama le sue battute a torso nudo, in addominale competizione con l’inquieto Amleto anche lui privo, all’occasione, delle funeree vesti di scena.

“Yerma”, Garcia Lorca al suo meglio nell’intelligente allestimento di Merolli

YERMA

di Federico Garcia Lorca
Regia: Gianluca Merolli
Traduzione e adattamento: Roberto Scarpetti
con Elena Arvigo, Enzo Curcurù, Gianluca Merolli, Giulia Maulucci e Maurizio Rippa
Scene: Alessandro Di Cola
Costumi: Claudio Di Gennaro
Musiche: Luca Longobardi
Movimenti: Luca Ventura
Luci: Pietro Sperduti
Foto: Fabio Gatto

In scena fino al 3 aprile al Teatro Vascello di Roma

Voto: 9 su 10

È un’onirica liturgia del dolore l’adattamento italiano del poema “Yerma”, scritto nel 1934 da Federico Garcia Lorca. Il soggetto segue le vicende di una donna ostaggio della sua stessa brama di maternità: in un imprecisato entroterra rurale una sposa (Elena Arvigo) attende invano l’arrivo di un figlio che il suo stesso marito (Gianluca Merolli) sembra non desiderare. La sua infinita attesa si avvelena negli sterili consigli di compaesani maldicenti, figure archetipiche che tormentano le sue giornate: ma cenere è il suo ventre e dalla sua incipiente follia genererà solamente un ferale destino.