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Venezia74 – Concorso: “Mektoub, My Love: Canto Uno”, un film di Abdellatif Kechiche, la recensione

Mektoub, My Love: Canto Uno (id, Francia/Italia/Tunisia) di Abdellatif Kechiche con Shaïn Boumedine, Ophélie Bau, Salim Kechiouche, Lou Luttiau, Alexia Chardard, Hafsia Herzi, Kamel Saadi, Estefania Argelich

Sceneggiatura di Abdellatif Kechiche, Ghalya Lacroix dal romanzo “La blessure la vraie” di François Bégaudeau

Commedia, 3h, Vision Distribution/Good Films

Voto: 4 su 10

Il miracolo cinematografico dello sconvolgente La vita di Adele non si ripete, ma Kechiche ne replica lo stile, in peggio. È Mektoub, My Love, primo canto di un trittico ispirato al romanzo “La blessure la vraie” di François Bégaudeau, che il regista franco-tunisino, vincitore della Palma d’Oro a Cannes nel 2013 e per la quarta volta alla Mostra del Cinema di Venezia, ha diretto tra enormi difficoltà finanziarie. Un progetto monumentale per raccontare la meraviglia dell’adolescenza durante l’estate del 1994, tenendo fede a una concezione registica che annienta la normale indiscrezione del mezzo cinematografico per lasciare spazio alla vita hic et nunc, assecondando la recitazione improvvisata degli attori e lavorando di cesello in sede di montaggio.

“La vita di Adele”, oltre il cinema-verità, un’esperienza totale che lascia ammaliati

La vita di Adele (La vie d’Adèle, Francia, 2013) di Abdellatif Kechiche, con Adèle Exarchopoulos, Léa Seydoux, Jérémie Laheurte, Salim Kechiouche, Mona Walravens

Sceneggiatura di Abdellatif Kechiche e Ghalya Lacroix, liberamente tratto dalla graphic novel di Julie Maroh “Il blu è un colore caldo” (Ed. Rizzoli – Lizard)

Drammatico, 2h 59’, Lucky Red, in uscita il 24 ottobre 2013

Voto D’Errico: 10 su 10

Voto Ozza: 8 su 10

Per una bella definizione, il cinema è la macchina dei sogni. Spesso, però, è anche lo specchio deformante della realtà e della vita. Con La vita di Adele, del regista tunisino naturalizzato francese Abdellatif Kechiche, Palma d’Oro all’ultimo Festival di Cannes, la normale indiscrezione del mezzo cinematografico scompare completamente per lasciare spazio alla vita stessa, senza artifici né plagi per amor di estro artistico. Il risultato è un film che sembra, allo stesso tempo, la negazione di un film come finzione e la prova più sconvolgente del potere del cinema. Filmare una storia d’amore, in un tranche de vie lungo degli anni, come se questa ci appartenesse in prima persona, come se i protagonisti fossimo noi, tanto è fuori dal comune lo stile adottato, totalmente naturale, limpido, confortevole, perturbante.