“La coscienza di Zeno”: quando il classico, seppur polveroso, fa sempre scuola

Titolo: LA COSCIENZA DI ZENO
di Tullio Kezich
dal romanzo di Italo Svevo
con Giuseppe Pambieri, Enzo Turrin, Giancarlo Condè
e con (in ordine alfabetico) Silvia Altrui, Livia Cascarano, Guenda Goria, Marta Ossoli, Antonia Renzella, Raffaele Sinkovic, Anna Paola Vellaccio, Francesco Wolf
scene Lorenzo Cutuli
costumi Carla Ricotti
musiche Giancarlo Chiaramello
regia MAURIZIO SCAPARRO
Una produzione Compagnia del Teatro Carcano
In scena al Teatro Quirino di Roma fino al 14 aprile

Voto Ozza: 7 su 10

Voto D’Errico: 6 su 10

Che bello poter avere un teatro gremito di adolescenti, curiosi e felici di vedere in scena uno dei romanzi cult del novecento, fra i più letti e studiati nelle scuole. Che bello poter apprezzare il loro gusto, la loro partecipazione allo spettacolo, merito di una riduzione teatrale che punta principalmente nella sintesi dei nodi drammaturgici dell’intera opera, sfrondando il testo di tutto (o quasi) il lavorio mentale, i pensieri aggrovigliati del narratore/protagonista, Zeno Cosini, interpretato da un sempre bravissimo Giuseppe Pambieri.
la_coscienza_di_zeno_con_giuseppe_pambieri_a_citta_di_castelloUna riduzione che forse non piacerà al pubblico più adulto, che soffrirà nel veder sacrificato lo spirito e la natura intrinseca di un lavoro che per protagonista ha, su tutti, proprio la psicanalisi: c’è da considerare però che la riduzione teatrale di Tullio Kezich è del 1964, tempo in cui il teatro non aveva ancora subìto quello stravolgimento di linguaggio dato dalla rivoluzione delle avanguardie. Probabilmente un autore di oggi punterebbe su tutt’altro, farebbe appello a suoni, proiezioni, scenografie digitali per cercare di restituire quell’alienazione nel tempo e nello spazio di una voce narrante che crede di essere malata sol perché non conforme alla società in cui vive.

Detto questo, l’allestimento firmato da Scaparro è corretto, soddisfa le aspettative di chi ha colto l’ironia di Zeno, il suo modo divertente di ri-analizzare il mondo, di ri-leggere in chiave leggera ma estremamente lucida la quotidianità. Forse il tutto risulta un po’ polveroso, un po’ datato ma, di questi tempi, dove c’è spesso l’abuso di una multimedialità che vuole essere protagonista a tutti i costi, si arriva a preferire questa semplicità, quest’atmosfera classicheggiante di un modo di far teatro intramontabile.

Andrea Ozza

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Assai datato, sia nella forma che nel contenuto, il testo del 1964 di Tullio Kezich, tratto dal romanzo cardine per tutta la letteratura italiana (e non) del primo Novecento, “La coscienza di Zeno” di Italo Svevo, portato in scena per mano di Maurizio Scaparro e con Giuseppe Pambieri nei panni del protagonista. Poco resta del pessimismo alchemico sveviano, in una commedia di matrimoni e pettegolezzi inversamente proporzionale alla cupezza dell’originale, a metà tra un operetta e una seduta di psicanalisi ‘alleniana’. Gradevole quel che si voglia, ma Zeno Cosini e il suo mondo sono altra cosa rispetto a quanto accade sul palco, seppur in maniera egregia e con grazia d’antan. E anche il necessario monologo finale, quella profezia di devastazione e morte delineata con minaccioso fascino dall’eccellente Pambieri, denuncia una drammaturgia sbrindellata tra leggerezza e voglia di interpellare a tutti i costi i massimi sistemi. Il risultato è fuori tempo massimo.

Giuseppe D’Errico

One Response to “La coscienza di Zeno”: quando il classico, seppur polveroso, fa sempre scuola

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