“Woman in Gold”, la frode nazista con una superba Helen Mirren

Woman in Gold (id, Usa/GB, 2015) di Simon Curtis con Helen Mirren, Ryan Reynolds, Daniel Brühl, Katie Holmes, Max Irons, Tatiana Maslany, Charles Dance, Elizabeth McGovern, Jonathan Pryce, Frances Fisher, Tom Schilling, Moritz Bleibtreu, Antje Traue

Sceneggiatura di Alexi Kaye Campbell

Drammatico, 1h 50′, Eagle Pictures, in uscita il 15 ottobre 2015

Voto: 7 su 10

In un periodo in cui il cinema non ha più belle storie da raccontare, il regista inglese Simon Curtis (quello delle miniserie Bbc e del delizioso My Week with Marilyn) porta sugli schermi una gran bella storia, di quelle appassionanti e giustamente edificanti, da far tornare a casa il pubblico contento e arricchito di un qualcosa che è bene conoscere. La Shoah è un pozzo senza fine di vergogne, ma solo di recente sono venuti alla luce i sacchi dei nazisti alle opere d’arte del popolo ebraico.

woman-in-gold-trailer-italiano-foto-e-poster-del-film-con-ryan-reynolds-e-helen-mirren-1Woman in Gold, partendo dalle memorie di Maria Altmann (Mirren), ebrea transfuga in California ai tempi dell’Anschluss, ripercorre la battaglia processuale della donna per rientrare in possesso del dipinto Dama in Oro di Gustav Klimt, per il quale posò sua zia Adele Bloch-Bauer. Con l’aiuto di un giovane avvocato (Reynolds), Maria si scontrerà con l’establishment artistico austriaco oltre che con i drammatici ricordi del periodo nazista, fino ad arrivare alla Corte Suprema americana.

Convenzionale nella forma quanto funzionale nella struttura in flashback, il film di Curtis si fa apprezzare per eleganza e gusto della narrazione. Il paragone con il gioiello di Stephen Frears Philomena è inevitabile, e Woman in Gold ne esce sconfitto: lì c’era una scrittura sopraffina per ironia e intensità, qui la formula viene cautamente replicata senza alcun guizzo ma facendo perno su una superba Helen Mirren, grande attrice in ogni situazione, figurarsi nei panni di un’anziana e adorabile signora con un buon debito da saldare. Tuttavia, per quanto prevedibile, il risultato ha una sua dignità artistica e non spiacerà ai nostalgici del buon cinema d’accademia. Giustizia è fatta.

Giuseppe D’Errico

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