Venezia79 – Concorso: “White Noise”, un film di Noah Baumbach, la recensione

White Noise (id, Usa, 2022) di Noah Baumbach con Adam Driver, Greta Gerwig, Don Cheadle, Raffey Cassidy, Sam Nivola, May Nivola, Jodie Turner-Smith, André L. Benjamin, Lars Eidinger

Sceneggiatura di Noah Baumbach dal romanzo omonimo di Don DeLillo (Einaudi)

Grottesco, 2h 15’, Netflix

Voto: 7½ su 10

Da molti considerato un autore impossibile da trasporre sul grande schermo (ci provò coraggiosamente David Cronenberg col claustrofobico Cosmopolis, nel 2012), e a valide ragioni: la meta-narrativa di Don DeLillo non ricerca tanto la storia in sé quanto i processi di costume che hanno trasformato la nostra epoca, in un corto circuito tra allegoria ed enigmistica socio-economica nel quale è facile perdere il tracciato, ma che mai può dirsi banale. Rumore bianco, una feroce satira pseudo-apocalittica sull’american dream ormai fatto a pezzi dal consumismo caduco degli anni Ottanta, è tra i suoi romanzi più celebri e complessi, qualche anno fa già nelle mire del regista Barry Sonnenfeld per un progetto presto naufragato, e ora tradotto in immagini dal re del mumblecore statunitense Noah Baumbach, che ne consegna una visione figlia dei recenti trascorsi pandemici mondiali.

White Noise è la metafora di assuefazione all’angoscia esistenziale nella quale è precipitata la famiglia Gladney: il padre Jack (Adam Driver) è un professore universitario specializzato sulla figura di Adolf Hitler, la madre Babette (Greta Gerwig) soffre di vuoti di memoria e nasconde l’abuso di pillole, mentre i figli osservano una quotidianità dell’assurdo fatta di domande continue e fantasiosi complotti. L’evento catastrofico tanto atteso, però, a un certo punto arriva sul serio: la violenta collisione tra un vagone ferroviario e un’autocisterna carica di materiali chimici genera una pericolosa nube tossica che porterà il panico tra gli abitanti e la consapevolezza in Jack e Babette di poter morire.

Baumbach rilegge il passato per restituirci il presente: l’umanità che rincorreva le offerte speciali al supermercato e credeva nelle promesse degli annunci pubblicitari dimagranti sulle riviste è la stessa del revisionismo cospirazionista che ha animato le cronache a noi più vicine. Dietro il miraggio del benessere si cela, inesorabile, la grande paura dell’età moderna, quella per la morte, un pensiero sempre presente ma da contenere al di sotto della naturale percezione umana, anche a costo di ricorrere a un farmaco che non esiste.

Il regista e sceneggiatore, più abituato a dimensioni produttive indipendenti ma non estraneo all’indagine dei paradossi della vita, affronta con coraggio e non senza rischi il kolossal distopico, riuscendo a restituire il senso di caoticità della pagina letteraria anche a costo di frastornare lo spettatore con una babele di parole e immagini; al contempo, porta a compimento un’operazione cinematografica fortemente stratificata ma di grande fascino: dal potere perturbante e affabulatorio del video (ritorna ancora Cronenberg, già a partire dal monologo iniziale di Don Cheadle sull’ottimismo insito negli scontri automobilistici del cinema americano) alla famiglia in fuga da incontri ravvicinati di spielberghiana memoria (anche Danny Elfman alle musiche omaggia John Williams), Baumbach mette a punto una commedia grottesca dal gusto cinefilo camuffata da disaster movie, un po’ troppo schiacciata dal peso delle sue riflessioni ma anche irresistibile quando imbocca la strada del divertimento (già cult i titoli di coda in chiave musical) e trainata da un cast davvero eccezionale. Non per tutti i gusti, sicuramente uno dei film imperdibili della prossima stagione cinematografica.

Giuseppe D’Errico

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