Venezia76 – Concorso: “Martin Eden”, un film di Pietro Marcello, la recensione

Martin Eden (id, Italia/Francia, 2019) di Pietro Marcello con Luca Marinelli, Carlo Cecchi, Jessica Cressy, Vincenzo Nemolato, Marco Leonardi, Denise Sardisco, Carmen Pommella, Aniello Arena, Giordano Bruno Guerri, Chiara Francini

Sceneggiatura di Maurizio Braucci, Pietro Marcello liberamente tratto dal romanzo omonimo di Jack London (Garzanti Editore)

Drammatico, 2h 09’, 01 Distribution, in sala dal 4 settembre 2019

Voto: 5 su 10

Scommessa rischiosa, quella di riadattare un classico della narrativa americana come Martin Eden di Jack London a un Novecento italiano privo di coordinate temporali realistiche. Il film, infatti, non ha riferimenti cronologici precisi e abbraccia con molta libertà quasi un secolo della nostra storia civile attraverso il percorso di formazione di un giovane marinaio di umili origini e desideroso di un riscatto. Per il suo primo lungometraggio di finzione, dopo gli apprezzati trascorsi documentaristici con Il passaggio della linea e Bella e perduta, il regista Pietro Marcello, con lo sceneggiatore Maurizio Braucci, punta tutto sull’originalità d’impostazione del progetto e sul suo protagonista, un sempre efficace Luca Marinelli, ma l’operazione è audace solo sulla carta.

Ambientato in una Napoli d’inizio secolo, dove le differenze tra classi sono alla base della quotidianità, il racconto si trasforma assecondando il processo di mutamento di Martin Eden che, casualmente introdotto in una ricca famiglia della borghesia industriale, si ritrova a scontrarsi col desiderio di diventare scrittore e l’impossibilità di realizzarlo a causa delle sue umili origini; l’amore per la colta e raffinata Elena (Jessica Cressy) lo porterà a inseguire tenacemente il suo sogno, formandosi una propria cultura attraverso le letture di Herbert Spenser sulla teoria dell’individualismo. Più le sue novelle vengono rifiutate dagli editori, più cresce in Martin la voglia di un confronto costruttivo con l’universo socialista, entrando in conflitto con Elena e con se stesso.

Un finale inutilmente didascalico vorrebbe farsi metafora di una forza propulsiva che spinge in avanti, dando un senso di speranza, oppure più semplicemente Martin resta sconfitto dal suo tormento. Ma è il problema meno grave di un film accademico e pesantemente letterario, ben avviato a proporre una riflessione sofferta sul profondo senso di delusione di chi ha investito tutto nella cultura rimanendone tristemente tradito, ma incapace di instaurare un parallelo con lo spettatore di oggi. Il discorso politico trasfigura nell’attualità in modo pretenzioso e gli innesti di repertorio che Marcello inserisce sporadicamente lungo la narrazione accentuano la percezione confusionaria del pensiero d’insieme. Il risultato è un quadro antico mai davvero emozionante e dall’incedere sfiancante.

Giuseppe D’Errico

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