Venezia76 – Concorso: “Joker”, un film di Todd Phillips, la recensione

Joker (id, Usa, 2019) di Todd Phillips con Joaquin Phoenix, Robert De Niro, Zazie Beetz, Frances Conroy, Shea Whigham, Brett Cullen, Douglas Hodge

Sceneggiatura di Todd Phillips, Scott Silver

Drammatico, 1h 58’, Warner Bros. Entertainment Italia, in sala dal 3 ottobre 2019

Voto: 8 su 10

Se è vero che i personaggi più interessanti di ogni storia sono sempre i cattivi, nell’universo della DC Comics è una chiara certezza. Joker, forse la più famosa delle nemesi di Batman, è il primo fra loro a guadagnarsi un film tutto suo (ignoriamo di proposito il pessimo Catwoman “commesso” da Pitof nel 2004), dopo essere già apparso sul grande schermo varie volte e sempre con celebri attori a interpretarne l’inquietante ghigno sardonico. Quest’atteso stand-alone, lontanissimo dall’iconografia più tradizionale, può fregiarsi di un protagonista a dir poco magistrale come Joaquin Phoenix, che compie uno studio di rara intensità su un villain le cui ragioni non sono mai state davvero approfondite prima d’ora.

Diretto da un Todd Phillips in vena di redenzione autoriale e scritto in collaborazione con Scott Silver (8 Mile, The Fighter), Joker è il racconto originale e autonomo di come una società violenta possa deviare la mente di un uomo troppo sensibile benché malato, il cui unico scopo è quello di portare risate e gioia col suo volto sorridente. Ma in una Gotham City più degenere che mai, una persona come Arthur Fleck è destinata a soccombere: di giorno clown per i bambini negli ospedali e per indicazioni pubblicitarie, la notte aspira a essere un comico di cabaret, ma è umiliato e deriso in ogni occasione. Disadattato e prigioniero di un’esistenza ciclica, tra apatia e crudeltà, Arthur reagisce in modo sconsiderato all’ennesimo sopruso, innescando una reazione a catena di eventi che porteranno a una rivolta popolare e, forse, gli riveleranno la sua vera personalità.

Il film, solo velatamente ispirato alla graphic novel di Alan Moore e Brian Bolland “Batman – The Killing Joke”, è un cupo e dolente melodramma psicologico grondante disperazione, che affonda dichiaratamente le proprie radici nei classici del malessere urbano di Martin Scorsese, Taxi Driver e Re per una notte su tutti: Arthur, infatti, fatica a comprende il degrado che lo circonda fino a esserne sopraffatto e si rifugia nel mito di un conduttore televisivo, interpretato non a caso da Robert De Niro, che spera possa un giorno ricambiare il suo affetto. A completare il quadro del carattere borderline c’è un danno cerebrale che si manifesta in scoppi incontrollabili di risate nei momenti di nervosismo e una madre apprensiva e vaneggiante (sempre splendida Frances Conroy) che da piccolo gli diceva “smile and put on a happy face…“.

Certamente sovraccarico di temi e di enfasi, fin quasi compiaciuto nella rappresentazione del calvario di un reietto maltrattato da tutti, Joker può contare su una scrittura che però ne mette in risalto la tragica umanità in un mondo privo di qualunque emotività; l’irrazionale diventa l’unica strada percorribile per sfuggire alla barbarie, per non essere giudicato in base a comportamenti dettati da una malattia mentale, per avere un abbraccio, per sorridere, send in the clowns. Joaquin Phoenix, trascinatore assoluto, sposa con tutto se stesso la causa del protagonista, investendo della sua impressionante presenza scenica ogni istante del film, in un’interpretazione da brivido che difficilmente potrà essere dimenticata. La scommessa di un cinecomic adulto sulle origini del male può considerarsi vinta.

Giuseppe D’Errico

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