Venezia76 – Concorso: “Ema”, un film di Pablo Larraìn, la recensione

Ema (id, Cile, 2019) di Pablo Larraìn con Mariana Di Girolamo, Gael García Bernal, Santiago Cabrera, Giannina Fruttero, Catalina Saavedra, Eduardo Paxeco, Mariana Loyola

Sceneggiatura di Guillermo Calderón, Pablo Larraín, Alejandro Moreno

Drammatico, 1h 42’, Movies Inspired

Voto: 4 su 10

Funesto fu lo slittamento di produzione del secondo film americano di Larraìn, ora previsto per l’autunno, che ha dato modo al regista cileno di tornare nella madre patria, precisamente Valparaíso, per girare nel giro di sei settimane questo scombinato melodramma sessual-famigliare a ritmo di reggaeton. Era dai tempi del suo esordio con Fuga nel 2006 che Larraìn non tornava a raccontare una storia di finzione, dopo vari e acclamati tranche de vie storici e biografici in cui la verità passava sempre attraverso la lente deformante della politica. Dal suo ultimo film, il bellissimo Jackie, recupera l’idea di una donna ferita negli affetti e in procinto di iniziare una nuova vita da protagonista.

La Ema del titolo (De Girolamo), infatti, è fresca di tinta ossigenata per dare una svolta alla propria esistenza: ballerina in una compagnia di danza il cui coreografo è anche suo marito (Bernal), vive un momento di profondo smarrimento a seguito del fallito affidamento del bambino che era stato dato loro in adozione. Nonostante il suo forte desiderio di maternità, tale da rinfacciare con violenza la sterilità del compagno (definito “preservativo umano”), Ema non è stata in grado di essere una madre efficace col piccolo Polo, colpevole di aver dato fuoco al volto della zia giocando con i fiammiferi. La stessa Ema è una piromane assodata (la notte se ne va in giro con un lanciafiamme ad incendiare macchine e parchi giochi), tanto che il marito colpevolizza lei per l’accaduto. Il matrimonio scricchiola, lui le rimprovera di ballare per strada su musiche orrende, lei lo tradisce, tra gli altri, con un pompiere (Cabrera) e un’avvocatessa (Fruttero), rivelando un’identità sessuale allegramente liquida.

Nelle intenzioni, il film vuole mettere in crisi l’idea di cosa sia oggi una famiglia; nei fatti, Ema è solo un film privo di nerbo, pretenzioso nella resa estetica e irritante per progressione narrativa, sempre più gratuita e improbabile. Come se tutto ciò non bastasse a sfiancare anche lo spettatore meglio disposto, il regista inserisce anche estenuanti sessioni danzerecce, che dovrebbero farne addirittura un musical. Degna di miglior sorte la protagonista Mariana De Girolamo, star della televisione cilena, mentre è piuttosto spaesato Gael Garcia Bernal in salopette che lo fa ancora più basso. Da uno degli autori più interessanti del cinema contemporaneo, un sonoro tonfo che non tarderà ad avere il suo folto gruppo di estimatori.

Giuseppe D’Errico

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