Venezia76 – Concorso: “Babyteeth”, un film di Shannon Murphy, la recensione

Babyteeth (id, Australia, 2019) di Shannon Murphy con Eliza Scanlen, Toby Wallace, Essie Davis, Ben Mendelsohn, Emily Barclay, Eugene Gilfedder

Sceneggiatura di Rita Kalnejais dal suo omonimo testo teatrale

Drammatico, 2h 06’

Voto: 6½ su 10

Ritorna il melodramma terminale, declinato in chiave adolescenziale e disfunzionale: è Babyteeth, pellicola d’esordio nel lungometraggio della giovane regista australiana Shannon Murphy, già con una solida carriera televisiva alle spalle, che la sceneggiatrice Rita Kalnejais ha trasposto da una sua commedia teatrale. La storia del cinema ben conosce le insidie del discorso canceroso sin dai tempi del capolavoro di Edmond Goulding con Bette Davis Tramonto (Dark Victory, 1939), celebre per il ritratto di donna volitiva che si arrende alla malattia in uno dei finali più poetici che il genere ricordi; per gli anni della contestazione fu Love Story di Arthur Hiller la pietra miliare del lacrima-movie, mentre nei Novanta sarà una Julia Roberts dalla bellezza preraffaelita a far piangere le platee di mezzo mondo con Scelta d’amore. Solo in tempi più recenti l’approccio verso questa peculiare categoria dei sentimenti cinematografici ha cambiato direzione, dirottando tutte le sue pene verso imberbi ragazzini destinati a morte certa, spesso con inusitato cinismo: i casi di Colpa delle stelle e del recentissimo A un metro da te non lasciano dubbi sull’evidente impatto emotivo che il tema riscuote sulle nuove generazioni di spettatori.

Babyteeth si discosta da una narrazione più marcatamente lacrimevole, presentando vari elementi di originalità in un assunto di base inevitabilmente scontato: è la storia di Milla (Eliza Scanlen), una quindicenne malata di cancro, che si invaghisce di Moses (Toby Wallace), un teppistello nomade e tossico, tanto da portarselo in casa fin dal primo momento. I genitori della ragazza ovviamente guardano con sospetto a questa strana amicizia e, per conto loro, hanno già le loro paturnie: il padre (Ben Mendelsohn) è uno psichiatra in crisi esistenziale, la madre (Essie Davis) una ex musicista che si imbottisce di psicofarmaci. Guardando Milla e Moses che giocano dalla finestra, la donna sbotta lapidaria: “Non riesco a pensare a un modo peggiore di fare i genitori!”.

Il film della Murphy ha il dono della delicatezza, alterna momenti intensi a dialoghi brillanti, racconta con grande varietà di toni il microcosmo di una ragazzina che combatte sul ciglio della vita, scontrandosi quotidianamente col pensiero della morte. Il tacito accordo che la lega a Moses è un elemento di tenera disillusione, la possibilità di poter andare oltre gli schemi con uno sgherro che non ha nulla da perdere da una relazione forse solo di facciata. Convincono meno le narrazioni collaterali, la confusione dei genitori, la presenza di una vicina di casa chiassosa e incinta, le incursioni del maestro di violino di Milla, componenti accessori di una piccola storia che avrebbe meritato maggiore asciuttezza di scrittura. La confezione è quella accattivante, colorata e un po’ ammiccante di certe produzioni indipendenti odierne (ma a produrre è la veterana Jan Chapman di Lezioni di piano), con in colonna sonora anche un bellissimo riarrangiamento per archi di Golden Bowl degli Stranglers. Finale da groppone in gola, come giusto che sia, per un film decisamente troppo lungo ma nobilitato da ottime interpretazioni e da un pudore inusitato per il genere. Ma Babyteeth non è il solito teen movie con malattia, non a caso è stato inserito nel concorso ufficiale di Venezia76.

Giuseppe D’Errico

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.