Venezia75 – Concorso: “Vox Lux”, un film di Brady Corbet, la recensione

Vox Lux (id, Usa, 2018) di Brady Corbet con Natalie Portman, Jude Law, Raffey Cassidy, Stacy Martin, Jennifer Ehle, Willem Dafoe

Sceneggiatura di Brady Corbet

Drammatico, 1h 50′

Voto: 8 su 10

Atmosfere plumbee e sguardo caustico sulla civiltà del nuovo millennio: è Vox Lux, opera seconda dell’enfant prodige statunitense Brady Corbet, classe 1988, ex attore per Araki, Haneke e Von Trier e già laureato a Venezia73 dove, con il suo esordio The Childhood of a leader, si aggiudicò il Leone del futuro e il premio come miglior film nella sezione Orizzonti. Torna ora, nel concorso ufficiale, con la naturale prosecuzione di un percorso artistico spiccatamente autoriale, che elabora personaggi di fantasia nei panni di testimoni oculari di svolte storiche cruciali: se prima era un bambino dal germe dittatoriale insopprimibile sullo sfondo della Grande Guerra, ora è una popstar internazionale che attraversa gli orrori sociali degli ultimi vent’anni, entrando a farne parte.

Dal 1999 al 2017, seguiamo l’evoluzione di una ragazza di nome Celeste, interpretata nella prima fase da Raffey Cassidy e in seguito da Natalie Portman. Scampata da adolescente a un massacro scolastico, acquisisce popolarità grazie a una canzone cantata in una cerimonia pubblica in memoria delle vittime, dopo l’interessamento di un agente musicale (Jude Law) che vuole sfruttare l’occasione. Da qui ha inizio un processo di commercializzazione della ragazza appena quattordicenne, che viene seguita nei vari spostamenti dalla sorella maggiore un po’ frustrata (Stacey Martin). Con un balzo di 15 anni arriviamo nel 2017, con Celeste ormai celebre, alle prese con l’organizzazione di un concerto che aprirà il suo nuovo tour; ma la notizia che un gruppo terrorista con la sua maschera ha aperto il fuoco sui bagnanti di una spiaggia croata getta nel caos il suo team di lavoro…

I riferimenti piuttosto evidenti alla strage della Columbine High School, all’11 settembre e all’attentato kamikaze al Manchester Arena sono gli spettri più inquietanti di un recente passato che Vox Lux fa riemergere non senza mettere alla berlina la contradditorietà di questa nostra epoca che tutto fagocita e altrettanto velocemente dimentica. Pur con un effettivo sbilanciamento tra una prima parte letteralmente folgorante per stile e umore (la solenne voce narrante è di Willem Dafoe), e una seconda dove si cade inevitabilmente nello stereotipo della star bizzosa e nevrastenica, il film di Corbet riesce a farsi notare favorevolmente per il cinismo antropologico della scrittura e il graffiante ritratto privato che fa della protagonista, interpretata da una Portman a dir poco strepitosa nel dare fondo a tutto il campionario di bassezze e ricatti morali a cui può essere disposta una celebrità del XXI secolo. Si aggiungono alla resa fascinosamente malata del film anche un utilizzo geniale delle musiche di Scott Walker e i brani originali della cantautrice australiana Sia, che l’ex cigno nero Natalie balla su coreografie realizzate ad hoc dal marito coreografo Benjamin Millepied. Un concentrato vetriolico che disturberà molti.

Giuseppe D’Errico

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