Il primo uomo – First Man (First Man, Usa, 2018) di Damien Chazelle con Ryan Gosling, Jason Clarke, Claire Foy, Kyle Chandler, Corey Stoll, Ciaran Hinds, Christopher Abbott, Patrick Fugit, Lukas Haas, Olivia Hamilton
Sceneggiatura di Josh Singer dal romanzo “First Man: The Life of Neil A. Armstrong” di James R. Hansen
Biografico, 2h 15′, Universal Pictures
Voto: 7½ su 10
Un piccolo passo per un uomo, un balzo enorme per l’umanità. Quell’uomo era Neil Armstrong, che il 24 luglio del 1969 effettuò il primo allunaggio della storia all’interno della missione Apollo 11 della NASA. Uno dei più grandi sogni del popolo americano, non solo per la sfida governativa mai apertamente dichiatarata con lo strapotere sovietico, ma soprattutto perchè avrebbe tradotto in atto compiuto la fantasia libertaria di John Fitzgerald Kennedy, prende vita sul grande schermo tra le mani di un regista appena trentatreenne, Damien Chazelle, che aveva già cantato, letteralmente, la bellezza delle illusioni e la follia degli obiettivi impossibili nel suo precedente e celebratissimo La La Land. Proprio con quel film inaugurò il concorso della Mostra del Cinema di Venezia solo due anni fa, stregando la stagione cinematografica; ritorna ora ad aprire la kermesse con First Man, un’opera che ne conferma il talento visivo e una rara capacità di riportare in vita gli stilemi più puri del cinema classico americano.
Il film, con un realismo che si avvicina al reportage giornalistico, mette in scena le tappe che portarono alla missione spaziale, in un arco temporale che va dal 1961 fino al ritorno di Armstrong e dei suoi due colleghi, Buzz Aldrin e Michael Collins, da quell’incredibile viaggio che lo vide diventare l’eroe nazionale che per primo calpestò il suolo lunare. Partendo dal libro “First Man: The Life of Neil A. Armstrong” di James R. Hansen, Chazelle e il suo sceneggiatore Josh Singer (Spotlight, The Post) si addentrano nella psiche di questi uomini, disposti a rischiare la vita pur di portare a termine l’impresa. Il focus è ovviamente sul “primo uomo” del titolo, per il quale appare evidente che l’incarico aveva assunto ben altri significati interiori, legati a un senso di responsabilità offeso dalla morte della figlia in tenerà età.
Probabilmente il personaggio di Neil Armstrong avrebbe meritato un attore più complesso e comunicativo di Ryan Gosling, che pur lo interpreta con diligenza ma sempre con una faccia un po’ vaga e abbattuta, incapace di sostenere gli accenti di commozione finali che, in questo modo, appaiono solo sterili patetismi romanzati. Chazelle, al contrario, si dimostra abilissimo nel calibrare momenti famigliari, ben sostenuti da Claire Foy nei panni dell’indomita moglie dell’astronauta, e tensioni claustrofobiche all’interno delle navicelle spaziali che, tentativo dopo tentativo, portarono l’uomo sulla Luna. E, a dispetto dei materiali d’archivio storici ma esigui, il regista costruisce una memorabile sequenza di allunaggio che può fregiarsi della fotografia “naturalista” di Linus Sandgren e di un intenso accompagnamento musicale firmato dal sodale Justin Hurwitz.
Non mancano qua e là lungaggini e qualche stereotipo di matrice malickiana, con quell’eccesso di sentimentalismo nella conclusione a lasciare un po’ perplessi; ma, mai come in questo caso, sarebbe un grave errore fossilizzarsi ad osservare il dito e restare indifferenti difronte allo spettacolo offerto dalla Luna.
Giuseppe D’Errico
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