Venezia75 – Concorso: “Double Vies – Non-Fiction”, un film di Olivier Assayas, la recensione

Double vies – Non-Fiction (Double vies, Francia, 2018) di Olivier Assayas con Juliette Binoche, Guillaume Canet, Vincent Macaigne, Nora Hamzawi, Christa Théret, Pascal Greggory

Sceneggiatura di Olivier Assayas

Commedia, 1h 47′, I Wonder Pictures, in uscita nel 2019

Voto: 7 su 10

Aveva ragione Tancredi Falconeri del Gattopardo: se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi. Sull’annosa questione della rivoluzione digitale riflette Double vies (titolo italiano Non-Fiction), ritorno alla commedia sofisticata per il francese Olivier Assayas, dopo le cupezze introspettive di Sils Maria e Personal Shopper. L’autore di Irma Vep e L’Heure d’été osserva con sguardo divertito il gap forse incolmabile tra globalizzazione e cultura dei pionieri, quel rapporto spesso idiosincratico tra diffusione informatica del sapere e inaffondabili retaggi passatisti e, in definitiva, il vuoto che si interpone tra blog e carta stampata. Ovviamente il confronto non ha né vincitori né vinti, ma l’assillo di tali questioni nella quotidiana esistenza della classe sociale mediamente istruita sembra pressoché incessante.

Alain, interpretato dal sempre fascinoso Guillaume Canet, è un editore parigino che stenta ad adattarsi alla nuova digitalizzazione e soffre a stare dietro agli incostanti gusti del pubblico. Dopo anni di collaborazione, per la prima volta rifiuta di pubblicare l’ultimo romanzo di un suo cliente e amico, Léonard (Vincent Macaigne), ennesima opera autobiografica su una miseranda relazione clandestina con una celebrità di secondo piano. La moglie di Alain, Sélena (una al solito radiosa Juliette Binoche), non comprende la scelta del marito e, allo stesso tempo, è chiamata a fare una difficile scelta lavorativa: confermare il ruolo nella serie televisiva poliziesca che le ha dato tanta popolarità o lasciare e dedicarsi a interpretazioni più impegnate a teatro.

Non è una commedia francese che si rispetti senza una buona ronde di tradimenti a corredo, ma ciò che ad Assayas interessa è (far) interrogare i suoi personaggi su una realtà in mutamento, interpretabile solamente con le armi culturali appartenenti alla propria estrazione sociale. E qui ritorna il pensiero di Tomasi di Lampedusa: il presente esiste sempre e solo in relazione al (nostro) passato. Tutto il film si sviluppa in lunghi blocchi dialogati spesso esageratamente serrati e “scritti”, col rischio di affaticare lo spirito leggiadro della critica sociale. L’impressione è che i dilemmi dei protagonisti siano ben più banali delle apparenze, ma la recitazione impeccabile degli attori (da segnalare anche Nora Hamzawi, irresistibile nei panni dell’arresa fidanzata di Léonard), la struttura narrativa giocosa e la regia lieve di Assayas fanno di Double vies un intrattenimento cerebrale ma di classe.

Giuseppe D’Errico

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