The Humbling – Usa, 2014 di Barry Levinson con Al Pacino, Greta Gerwig, Dianne Wiest, Kyra Sedgwick, Charles Grodin – FUORI CONCORSO
Tratto da “L’umiliazione” di Philip Roth. Grande attore sulla via del tramonto vive una profondissima crisi umana e artistica, si ritira dalle scene e stringe una relazione con una ragazza lesbica. Durante il periodo di isolamento si riaffacciano nella sua vita molte persone del passato. Levinson gioca in sottrazione e dirige uno straordinario Pacino, mattatore meravigliosamente patetico che pare rifarsi a sé stesso e alla sua parabola professionale recente non particolarmente brillante. Sebbene ricco di humour, alla lunga il film resta pesante e poco originale, sia stilisticamente che per la costruzione narrativa alternata tra sogno e realtà. Voto: 6½
Reality – Francia, 2014 di Quentin Dupieux con Alain Chabat, Jon Heder, Elodie Bouchez, Jonathan Lambert – ORIZZONTI
Un regista spera di veder realizzato il suo primo film dell’orrore ma il produttore esige l’urlo perfetto nelle scene più cruente; un conduttore televisivo mascherato da topo soffre di disturbi psicosomatici; una bambina trova tra le viscere di un cinghiale una videocassetta blu e ne diventa ossessionata. Cosa hanno in comune i tre? Un incubo. Scritto e diretto da Dupieux, un grottesco davvero notevole per la capacità di incastrare tra loro più paradossi (la scena al cinema col film che non dovrebbe esistere è da manuale dell’assurdo) che, purtroppo, non si traduce in un discorso finale sensato. Incredibili musiche techno di Philip Glass. Voto: 6½
Dearest – Cina, 2014 di Peter HoSsun Chan con Zhao Wei, Huang Bo, Tong Dawei, Hao Lei – FUORI CONCORSO
Ispirato a fatti realmente accaduti. Il figlio di una coppia separata scompare, il padre percorrerà per anni il paese in sua ricerca. Quando lo ritrova ha inizio un altro film: una madre è inconsapevole del fatto che i suoi due figli vennero un tempo rapiti dal marito, ormai defunto, e fa di tutto per rivendicare la sua posizione. Da uno dei più acclamati registi cinesi, un fluviale melodramma dei legami, dolorosissimo nell’analisi della perdita nella prima parte ma assolutamente indimenticabile per uno struggente ritratto di madre negata che descrive nella seconda. Avrebbe meritato il concorso. Voto: 8½
Before I Disappear – Usa, 2014 di Shawn Christensen con Shawn Christensen, Emmy Rossum, Fatima Ptacek, Ron Perlman, Paul Wesley – GIORNATE DEGLI AUTORI
Richie sta per suicidarsi quando riceve una telefonata dalla sorella che gli chiede di badare per qualche ora alla nipotina. Sarà una notte che gli cambierà la vita. Premio Oscar 2013 per il cortometraggio Curfew, Christensen riprende la stessa vicenda e l’approfondisce in un dramedy che, per stiule visivo e rimandi musicali, è figlio degli anni Ottanta. Tra male di vivere e voglia di tenerezza, un copione forse risaputo ma sincero e pienamente godibile. Voto: 7
3 Coeurs – Francia, 2014 di Benoit Jacquot con Benoit Poelvoorde, Charlotte Gainsbourg, Chiara Mastroianni, Chaterine Deneuve – IN CONCORSO
Affascinante contabile ha colpo di fulmine serale per dimessa fumatrice. Si danno appuntamento a Parigi ma lui ritarda a causa di un malore. Incontra poi fragile antiquaria, la sposa: non sa che è sorella della prima. La situazione precipiterà qualche anno più tardi. Il ‘breve incontro’ alla stazione non diventa ‘un amore splendido’, in compenso, Jacquot vorrebbe affermarsi come nuovo Claude Sautet. Minestra allungata con pretestuosi riferimenti economici e riscaldata dalle interpretazioni tormentate e dalle musiche minacciose. Risultato infausto: trama assurda e sentimentalismo posticcio. Voto: 5
Manglehorn – Usa, 2014 di David Gordon Green con Al Pacino, Holly Hunter, Chris Messina, Harmony Korine – IN CONCORSO
Un fabbro triste e solitario piange l’amor perduto, forse barattato in cambio di qualche vantaggio criminoso. Passa le sue giornate a curare il gatto, a far visita alla dolce banchiera e a rimuginare su un figlio che non ha mai imparato a conoscere. A solo un anno dal veneziano Joe, Gordon Green porta al lido un detestabile campionario di disperazione senile corredato da un odioso minimalismo da provincia americana. Un pasticcio di piccole e minuscole situazioni di alcuna importanza in cui resta malamente impiastrato anche il solito Pacino superstar, le cui ormai curve spalle non reggono più simili script gonfi di dolore e compiaciuta solitudine. Voto: 4
Terre Battue – Francia, 2014 di Stéphane Demoustier con Olivier Gourmet, Valeria Bruni Tedeschi, Charles Merienne – SETTIMANA DELLA CRITICA
Ex dirigente di grandi catene commerciali si licenzia per mettersi in proprio. La moglie non regge alla tensione del cambiamento e lo lascia. Il figlio, piccola promessa del tennis, vuole affermarsi in un’importante gara. La presenza di Gourmet non può che far pensare al cinema dei fratelli Dardenne, che non a caso hanno prodotto questo esordio intelligente ma legnoso e senza un filo d’ironia che avrebbe alleggerito il dramma. Alla fine non resta che riflettere sui soliti dilemmi morali che il cinema francese ama proporre. Voto: 5
Giuseppe D’Errico
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