Under the skin (id, Usa, 2013) di Jonathan Glazer, con Scarlett Johansson
Sceneggiatura di Jonathan Glazer, Walter Campbell, dal romanzo “Sotto la pelle” di Michael Faber (ed. Einaudi)
Fantascienza, 1h 47′
Voto: 4½ su 10
Aliena con le sembianze di una bella ragazza, sulla terra cerca maschi per nutrire la sua specie. Il contatto con la razza umana la condurrà a smarrirsi, esistenzialmente e fisicamente. L’idea di studiare la natura dell’uomo e la sua capacità di rapportarsi col mondo con occhio completamente esterno poteva essere stimolante e suggestiva, ma resta insabbiata tra le voragini di senso di una sceneggiatura sconnessa e demenziale. La povera Johansson fa il possibile per rendere plausibili i comportamenti del personaggio, che pare conosca alla perfezione le regole dell’attrazione umana ma non l’esistenza della vagina, che guida con disinvoltura un camioncino ma non sa inghiottire un pezzo di torta. Il risultato è risibile e completamente privo di nerbo, e spiace vedere sprecato il talento visivo del regista, ridotto qui a gratuita estetica da Mtv. Dopo i boati per Birth – Io sono Sean, pare che Venezia non ami molto Jonathan Glazer (o viceversa?). In Concorso.
Ana Arabia (id, Israele, 2013) di Amos Gitai, con Yuval Scharf
Sceneggiatura di Amos Gitai, Marie-José Sanselme
Drammatico, 1h 24′
Voto: 4½ su 10
In una bidonville al confine tra Jaffa e Bat Yam, in Israele, una giornalista interroga gli abitanti su una donna ebrea convertitasi all’Islam, morta anni prima. Un unico piano sequenza lungo 81 minuti per una dura disamina storica sul passato di una terra vittima di continue divisioni. La perfezione della tecnica di ripresa, però, risulta essere un limite al tema, costretto in un fiume di dialoghi che rischiano solamente di disorientare l’attenzione. Un cinema che pretende davvero troppo dallo spettatore, quasi compiaciuto del suo estremismo linguistico. In Concorso.
L’Armée du salut (id, Marocco, 2013) di Abdellah Taïa, con Karim Ait M’hand, Amine Ennaji
Sceneggiatura di Abdellah Taïa
Drammatico, 1h 22′
Voto: 4½ su 10
La storia vera dello scrittore (e ora regista al suo esordio) omosessuale Abdellah Taïa, il suo difficile rapporto col padre e il fratello maggiore in Marocco, la fuga in Svizzera grazie a una borsa di studio. Nulla che si discosti minimamente dal classico cinema blandamente impegnato, grave di contenuti ma avaro di emozioni. Tutto già visto (e meglio), dai conflitti familiari alle prime perturbanti esperienze con la propria diversità. Manca il pathos e una narrazione che si lasci ricordare. Settimana della critica.
Rigor Mortis (id, Corea, 2013) di Juno Mak, con Chin Siu-Ho, Kara Wai, Nina Paw, Antony Friend Chan
Sceneggiatura di Juno Mak, Philip Yung, Jill Leung
Horror, 1h 41′
Voto: 4½ su 10
Nella stanza 2442 di una palazzina fatiscente, presa in affitto da un ex attore noto come cacciatore di vampiri, ci sono gli spiriti degli inquilini precedenti che meditano vendetta. Un terribile pastrocchio, tratto da un fumetto celebre in patria. Non manca nessuno degli elementi dell’horror orientale, ma il materiale narrativo è di confusione rara, la suspense assente, la noia sovrana. Il regista, esordiente, è un famoso musicista. Giornate degli autori.
Giuseppe D’Errico
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