“Una ragazza a Las Vegas”, commediola esile per Frears

Una ragazza a Las Vegas (Lay the Favourite, Usa, 2012) di Stephen Frears con Rebecca Hall, Bruce Willis, Catherine Zeta-Jones, Joshua Jackson, Vince Vaughn, John Carroll Lynch, Franck Grillo, Laura Prepon, Joel Murray, Corbin Bernsen

Sceneggiatura di D.V. DeVincentis, dal libro “Lay the Favourite: A Memoir of Gambling” di Beth Raymer

Commedia, 1h 35’, BiM Distribuzione, in uscita il 13 giugno 2013

Voto: 5 su 10

Complimenti vivissimi ai titolisti italiani che, ancora una volta, danno dimostrazione di una fantasia e un estro fuori dal comune. Venendo al film, si tratta dell’ultima fatica del discontinuo Stephen Frears, regista inglese di apprezzatissimo acume psicologico e dissacrante (sue pellicole come Le relazioni pericolose, Eroe per caso e The Queen) che, con Una ragazza a Las Vegas, ritorna nei luoghi dell’azzardo e delle scommesse clandestine, a oltre vent’anni dal capolavoro Rischiose abitudini.

UNA_RAGAZZA_A_LAS_VEGAS_GSperando di poter dare una svolta alla sua miserabile esistenza di spogliarellista a domicilio, la bella Beth (Rebecca Hall) lascia la Florida per raggiungere la sfavillante Las Vegas. Qui incontra Dick Heimowitz (Bruce Willis), un potentissimo e nevrotico bookmaker che la introduce nel mondo delle scommesse, fiutando la sua predisposizione a memorizzare i numeri. La gelosia della moglie Tulip (Zeta-Jones) e alcune incomprensioni la spingono a New York, dove entrerà a far parte dell’impero di puntate illegali di Rosie (Vince Vaughn), che la metterà nei guai.

Basato sul libro di memorie della vera Beth Reymer, il film è una inutile ed esagitata commediola decisamente fuori dalle corde e dagli interessi di un regista acuto e graffiante come Frears che, quasi inconsapevolmente, firma una sorta di versione per bambini degli spietati Grifters del 1991.

La sceneggiatura di DeVincentis, che proprio per Frears aveva scritto il delizioso Alta fedeltà, non trova mai il giusto compromesso tra personaggi e ambiente, perdendosi tra la descrizione di un mondo spregiudicato e fatuo come è quello dello sports betting, e in caratterizzazioni macchiettistiche.

Si salva di misura la direzione degli attori, spesso spaesati ma in grado di ravvivare una situazione di certo poco entusiasmante; ci riesce bene una autoironica Zeta-Jones in versione Barbie Malibù al botox, un po’ meno Willis, nei panni larghi di un mentore senza stima di sé, mentre dispiace che la pimpante Rebecca Hall, sempre in mini shorts, debba dimostrare la sua bravura con ruoli tanto scipiti.

Al di là dell’anonimo professionismo che avvolge il tutto, non si va mai oltre il prodotto su commissione.

Giuseppe D’Errico

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