
TUTTO SUA MADRE
tratto da “Les garçons et Guillaume, à table!” di Guillaume Gallienne
con Gianluca Ferrato
traduzione dal francese Anna D’Elia, adattamento drammaturgico Tobia Rossi, scene Yasmin Pochat, costumi Agostino Porchietto, light designer Marco Boccalero
Regia Roberto Piana
In scena al Teatro Quirino di Roma dal 5 al 10 ottobre 2021
Voto: 7 su 10
Festeggiamo il nostro ritorno a teatro con una commedia di grande successo in patria e per la prima volta in scena in Italia: Les garçons et Guillaume, à table! è il divertito e ragionato monologo pseudo-autobiografico con cui Guillaume Gallienne, attore e regista tra i più affermati della celebre Comédie Française, ha voluto raccontare il suo personale percorso di accettazione di un’identità di genere. Il protagonista, prima ancora di aver maturato pienamente la natura del suo essere, è ritenuto da tutti inequivocabilmente gay, a cominciare dai suoi famigliari: forse perché vive nel mito di sua madre, una donna tanto bella quanto greve e castrante, o perché, nottetempo, si diverte a fare l’imitazione della Principessa Sissi e dell’Arciduchessa Sofia…
Il testo adotta anche per la traduzione italiana il titolo che la nostra distribuzione scelse per la trasposizione cinematografica dello spettacolo, perdendo la sottintesa dicotomia di genere dell’originale ma guadagnando un gustoso sapore almodovariano: Tutto sua madre, però, non ha nulla dei travolgenti melodrammi del regista iberico, al contrario non disdegna un ritratto ironico della psicologia affettiva e qualche puntatina in situazioni comiche grevi e scatologiche. Nulla di volgare, anzi il fluire verbale è sempre intelligente e acuto, inevitabilmente episodico, completamente affidato alle capacità mattatoriali dell’attore in scena, in questo caso un Gianluca Ferrato ben in parte e sempre credibile nell’interpretare ogni tassello di una presa di coscienza non priva di sorprese.
L’allestimento è essenziale: pochi oggetti scenici, un separé con struzzi e fiori rosa come sfondo d’ambiente, un buon disegno delle luci e una regia che si premura di concentrare l’attenzione sulla recitazione fittissima e a più voci dell’attore. Il finale regala un punto di vista differente pur non tradendo mai il discorso generale; rimane il dubbio su un eccesso di controllo, un rigore formale non pienamente giustificato dalla materia trattata, che in qualche modo ha frenato le potenzialità brillanti del testo.
Giuseppe D’Errico
Gentile Giuseppe d’Errico,
Mi chiamo Gianluca Ferrato e sono l’attore della piecés in questione che lei, bontà sua, ha elogiato e della quale cosa la ringrazio.
Di solito non scrivo ai critici non è mio costume. Ma per caso capito qui e le chiedo di spiegarmi, se può e se ha voglia, in modo un po’ più esaustivo cosa significa “un eccesso di controllo, un rigore formale non pienamente giustificato dalla natura del testo, che in qualche modo ha frenato le potenzialità del testo”. Glielo chiedo perché le potenzialità del testo. nel lavoro drammaturgico che ne ha fatto Tobia Rossi, elevano all’ennesima potenza un testo che invece nell’originale è assai più esile in qualche modo. Di certo meno ricco. Se lo ha letto in francese sa di cosa sto parlando. Quanto all’eccesso di controllo, mi pare che si rompano quarte pareti, cliché e formalismi di maniera ad ogni piè sospinto. Certo è un grande gioco. Ma mi permetto, un grande gioco molto serio. Senza, credo, nessun rigore formale perché è uno sberleffo continuo. E di rigore conosco quello ho in scena, necessario, per portare a casa un risultato fra i più complessi che mi sono trovato ad affrontare.
Salve sig. Ferrato, è un piacere risponderle, come giù successo su queste pagine dopo il suo intervento a una mia recensione sul magnifico spettacolo da lei interpretato su Capote.
Credo di essermi espresso veramente male in chiusura di recensione, utilizzando formule assai generiche.
Conosco il testo “Tutto suo madre” solo nella sua veste cinematografica e, seguendo invece uno spettacolo dal vivo, non ho potuto fare a meno di notare dei momenti di stanca nella scrittura che, forse, nel film passavano più morbidamente inosservati. Evidentemente, cinema e teatro non parlano la stessa lingua (per fortuna, aggiungerei) e la settima arte può permettersi giochi stilistici atti a camuffare certe falle narrative che, invece, sul palco risultano più visibili. Per questo ho tirato in causa il “rigore formale” e l'”eccesso di controllo”, pensando, forse a torto, che un tale materiale potesse beneficiare di qualche contravvenzione alla regola teatrale; che pur ci sono, ed infatti lo spettacolo ne giova, ma forse non in una dose tale a coprire le manchevolezze di scrittura di Gallienne.
Certo, parliamo per puro e amabile confronto, giacché la commedia, in barba al critico D’Errico, è stata campione d’incassi e di premi in Francia.
In ultimo, non le nego che ho scelto di ritornare finalmente a teatro proprio perchè spinto dalla sua presenza in scena, cosa che mi rassicurava totalmente sulla qualità della visione che mi avrebbe atteso.
Spero solo che il mio umile parere non le abbia creato risentimento.
A presto.
Giuseppe