“Tuo, Simon”, un film di Greg Berlanti, la recensione

Tuo, Simon (Love, Simon, Usa, 2018) di Greg Berlanti con Nick Robinson, Katherine Langford, Josh Duhamel, Jennifer Garner, Talitha Eliana Bateman, Alexandra Shipp, Miles Heizer, Logan Miller

Sceneggiatura di Elizabeth Berger e Isaac Aptaker, dal libro “Non so chi sei, ma io sono qui” di Becky Albertalli (ed. Mondadori)

Commedia, 1h 50′, 20th Century Fox Italia, in uscita il 31 maggio 2018

Voto: 6½ su 10

Per chi non ne fosse a conoscenza, Greg Berlanti è uno dei più potenti produttori televisivi d’America, apertamente gay e artefice di serial che sono ormai storia dell’intrattenimento statunitense come Dawson’s Creek, Everwood e soprattutto Brothers & Sisters, dove il volto politicamente impegnato dell’omosessualità e della famiglia disfunzionale tenne banco come mai prima di allora per ben cinque stagioni. Non stupisce, quindi, che l’adattamento cinematografico del piccolo romanzo cult di Becky Albertalli Simon vs. the Homo Sapiens Agenda (in Italia tradotto con lo scipito Non so chi sei, ma io sono qui) l’abbia riportato dietro la macchina da presa, a otto anni di distanza da Life as we know it (Tre all’improvviso, 2010).

1527611429_5b0d8025b4064Tuo, Simon, infatti, racconta il coming of age di un adolescente di buona famiglia e perfettamente inserito nella vita sociale scolastica, ma segretamente omosessuale, condizione che lo porta a confidarsi unicamente via mail con Blue, suo anonimo coetaneo mai conosciuto dal vivo. Simon crede di innamorarsene, ma quando l’eccentrico compagno di scuola Martin scopre la scomoda corrispondenza, lo ricatterà nella speranza di avere un aiuto per conquistare l’amica del protagonista. Ovvio che non tutto andrà secondo i piani, tanto da costringere Simon a venire a patti con la propria identità.

Nonostante la presenza nel cast di Katherine Langford, la suicida Hanna Backer del fortunato serial Tredici, i temi dell’adolescenza trovano nella sceneggiatura di Elizabeth Berger e Isaac Aptaker una trattazione decisamente più edificante e ottimistica rispetto all’ineluttabile cupezza dell’analogo televisivo. La ricetta di base è quella della teen comedy degli anni Ottanta, fatta di dialoghi taglienti e tanta tenera ironia a stemperare un dramma umano che chiama facilmente all’immedesimazione, non solo del pubblico omosessuale. Si potrebbe recriminare al film un eccesso di correttezza, che fa guardare con occhio sinistro alla realtà idilliaca in cui il protagonista accetta la propria natura, ma è anche vero che questo sogno di normalità può essere d’aiuto per tutti quelli che continuano a considerarsi diversi. Fondamentale, in tal senso, l’interpretazione intelligente e misurata dell’ormai lanciatissimo Nick Robinson, il ragazzo della porta accanto di cui tutti/e vorrebbero innamorarsi.

Giuseppe D’Errico

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