“Tir”, dura la vita del camionista, Fasulo e la docufiction autostradale

Tir (Italia, 2013) di Alberto Fasulo, con Branko Zavrsan, Lucka  Pockja, Marijan  Sestak

Sceneggiatura di Alberto Fasulo, Carlo Arciero, Enrico Vecchi, Branko Zavrsan

Documentario, 1h 28′, Tucker Film, in uscita il 27 febbraio 2014

Voto: 5 su 10

VIII Festival Internazionale del Film di Roma – Vincitore del Marc’Aurelio d’Oro come Miglior Film

Branko (Zavrsan) è un cinquantenne croato che fa il camionista tra l’Italia e la Francia. Passa le sue intere giornate sulla strada, chiuso nella cabina di pilotaggio della vettura, con poche soste programmate e tutti i disagi della circostanza: si lava a pezzi e solo quando gli riesce si permette una doccia notturna, dorme poco e male, mangia alla svelta, soffre la lontananza della famiglia. Con la moglie parla solo tramite telefono, vorrebbe essere più presente nella vita del figlio. Eppure, alla guida del suo camion, guadagna tre volte di più rispetto a quando faceva l’insegnante.

50254Il dilemma è: meglio avere i soldi e vivere lontano dai propri affetti, oppure guadagnare poco più di una miseria ma godendo di un tetto e di una famiglia? Per il regista, il film riflette sul paradosso di un lavoro che ti porta ad alienarti dalle persone per cui stai lavorando. Qualcosa ci sfugge: riguarderà solo i camionisti? Perché le diaspore della fatica sono sempre esistite.

Qualche altro dubbio: è fiction? è documentario? Perché il protagonista è un bravo attore già noto per le sue partecipazioni in film come No Man’s Land e Rosencrantz e Guildestern sono morti, che per l’occasione si è prestato per oltre sei mesi alla professione di camionista vero e proprio, con tanto di patente per autoarticolati. Che vuol dire? Se è una drammatizzazione, perché non osare un racconto più completo e complesso? Se è un reportage, perché non filmare un vero camionista?

Queste e molte altre perplessità affliggono la visione di Tir, vincitore misterioso del premio come miglior film al Festival di Roma, che resta un progetto certamente coraggioso e difficile da portare a termine, ma altrettanto insicuro, fragile e francamente lento come una quaresima. Dopo Sacro GRA di Gianfranco Rosi, ancora un Festival che premia la docufiction autostradale.

Giuseppe D’Errico

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